sabato 20 agosto 2016

Il burkini non è un solo un costume ma è il simbolo di un'ideologia che opprime la donna


Questo è un affresco che decora una sala della Villa romana del Casale di Piazza Armerina risalente al periodo tra il 320 e il 350 d.C. Si vedono fanciulle che fanno esercizi ginnici abbigliate con quello che sembra un moderno bikini. Ora non che tra i romani, come tra i greci, e in genere tra i popoli antichi, la donna avesse la stessa posizione dell'uomo nella società, tutt'altro, ma almeno non c'era quel senso del peccato e quella paura del corpo femminile che avrebbero caratterizzato sia il Cristianesimo che, in seguito, l'Islam. 


In Occidente per tornare a scoprire il corpo della donna sarebbero stati necessari quasi due millenni. 

Anche in alcune società islamiche c'era stata una certa evoluzione del costume nei decenni scorsi, come dimostrano alcune foto degli anni 70 e 80, ma poi c'è stato un regresso che non si può negare. 



Ora le donne islamiche vengono sulle nostre spiagge con il burkini e in Francia alcuni sindaci li hanno vietati scatenando un putiferio di polemiche.

Vedo che anche qui ne hanno parlato in molti sostenendo in larga parte la tesi che ognuno ha diritto di vestirsi come vuole, che anche indossare il burkini è una scelta che va difesa, e giù poi a ricordare che anche le nostre nonne andavano vestite in spiaggia e che nelle campagne portavano vestiti neri e fazzoletti in testa, specialmente se non erano più giovanissime o se erano sposate o vedove. 
Peraltro per quanto riguarda le nostre nonne già dai primi del '900 qualche costume c'era, anche se castigatissimo, e non meno castigati erano quegli degli uomini, ma certo bisogna arrivare agli anni '30 per vedere qualcosa di vagamente idoneo, e sembra che in Italia negli anni '50 il Ministro dell'Interno Scelba mandasse i poliziotti sulle spiagge per controllare - metro alla mano - che l'altezza del bikini fosse"regolamentare".

Tutto questo è vero, ma ricordare che le società occidentali ancora negli anni '50 e '60, soprattutto in Italia, risentivano dell'influsso di una religione che per millenni aveva colpevolizzato la donna e visto nel suo corpo e nel corpo umano in genere uno strumento del demonio, per non dire di altre cose, anche più sostanziali dell'abito, a mio parere ha poco senso, perché le nostre società si sono evolute, quelle islamiche ancora no e negli ultimi decenni, anzi, si è verificata un'involuzione, un imbarbarimento, che ha molte cause di cui si può discutere, ma che non si può disconoscere. 

E dubito che andare in giro su una spiaggia e soprattutto nuotare paludate con il burkini, come girare per le città con oltre 30 gradi, coperte da capo a piedi, sia una libera scelta, almeno che non si sia masochiste, o lo si faccia per provocare. Pertanto non spenderei tante parole per difendere questa presunta libertà di vestirsi come si vuole, quando è evidente che burka, hijab, chador, ma anche un semplice velo e il burkini, sono forme di mortificazione della donna e simbolo della sottomissione della stessa.

Peraltro continuare in questa direzione significa cadere nella trappola degli islamisti che sanno che gli consentiamo tutto pur di non passare per islamofobi e razzisti.

Fortunatamente di tanto in tanto nel profluvio di post e articoli indignati in difesa della libertà delle donne islamiche di vestirsi come vogliono si legge anche qualche articolo più serio, come questo di Monica Lanfranco sul Fatto Quotidiano del 17 agosto scorso, che stigmatizza l'imbarbarimento dell'Islam degli ultimi decenni con la sua ossessione per la fisicità e la sessualità e la schiavizzazione delle donne.


E sulla pagina di Facebook di un italiano di origini arabe ho scoperto che addirittura in molte piscine e spiagge, sia in Egitto che in Marocco che in altri paesi arabi, il burkini è vietato, ufficialmente per "ragioni igieniche" nel caso delle piscine e di "decoro" nel caso delle spiagge, ma in verità perché non si vogliono le "imburkinate" che quasi mai si limitano a fare il bagno senza dare fastidio alle connazionali in costume. Quindi appare abbastanza demenziale che si voglia permettere in Europa ciò che si cerca faticosamente di arginare nei paesi arabi.


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sabato 20 agosto 2016

Il burkini non è un solo un costume ma è il simbolo di un'ideologia che opprime la donna


Questo è un affresco che decora una sala della Villa romana del Casale di Piazza Armerina risalente al periodo tra il 320 e il 350 d.C. Si vedono fanciulle che fanno esercizi ginnici abbigliate con quello che sembra un moderno bikini. Ora non che tra i romani, come tra i greci, e in genere tra i popoli antichi, la donna avesse la stessa posizione dell'uomo nella società, tutt'altro, ma almeno non c'era quel senso del peccato e quella paura del corpo femminile che avrebbero caratterizzato sia il Cristianesimo che, in seguito, l'Islam. 


In Occidente per tornare a scoprire il corpo della donna sarebbero stati necessari quasi due millenni. 

Anche in alcune società islamiche c'era stata una certa evoluzione del costume nei decenni scorsi, come dimostrano alcune foto degli anni 70 e 80, ma poi c'è stato un regresso che non si può negare. 



Ora le donne islamiche vengono sulle nostre spiagge con il burkini e in Francia alcuni sindaci li hanno vietati scatenando un putiferio di polemiche.

Vedo che anche qui ne hanno parlato in molti sostenendo in larga parte la tesi che ognuno ha diritto di vestirsi come vuole, che anche indossare il burkini è una scelta che va difesa, e giù poi a ricordare che anche le nostre nonne andavano vestite in spiaggia e che nelle campagne portavano vestiti neri e fazzoletti in testa, specialmente se non erano più giovanissime o se erano sposate o vedove. 
Peraltro per quanto riguarda le nostre nonne già dai primi del '900 qualche costume c'era, anche se castigatissimo, e non meno castigati erano quegli degli uomini, ma certo bisogna arrivare agli anni '30 per vedere qualcosa di vagamente idoneo, e sembra che in Italia negli anni '50 il Ministro dell'Interno Scelba mandasse i poliziotti sulle spiagge per controllare - metro alla mano - che l'altezza del bikini fosse"regolamentare".

Tutto questo è vero, ma ricordare che le società occidentali ancora negli anni '50 e '60, soprattutto in Italia, risentivano dell'influsso di una religione che per millenni aveva colpevolizzato la donna e visto nel suo corpo e nel corpo umano in genere uno strumento del demonio, per non dire di altre cose, anche più sostanziali dell'abito, a mio parere ha poco senso, perché le nostre società si sono evolute, quelle islamiche ancora no e negli ultimi decenni, anzi, si è verificata un'involuzione, un imbarbarimento, che ha molte cause di cui si può discutere, ma che non si può disconoscere. 

E dubito che andare in giro su una spiaggia e soprattutto nuotare paludate con il burkini, come girare per le città con oltre 30 gradi, coperte da capo a piedi, sia una libera scelta, almeno che non si sia masochiste, o lo si faccia per provocare. Pertanto non spenderei tante parole per difendere questa presunta libertà di vestirsi come si vuole, quando è evidente che burka, hijab, chador, ma anche un semplice velo e il burkini, sono forme di mortificazione della donna e simbolo della sottomissione della stessa.

Peraltro continuare in questa direzione significa cadere nella trappola degli islamisti che sanno che gli consentiamo tutto pur di non passare per islamofobi e razzisti.

Fortunatamente di tanto in tanto nel profluvio di post e articoli indignati in difesa della libertà delle donne islamiche di vestirsi come vogliono si legge anche qualche articolo più serio, come questo di Monica Lanfranco sul Fatto Quotidiano del 17 agosto scorso, che stigmatizza l'imbarbarimento dell'Islam degli ultimi decenni con la sua ossessione per la fisicità e la sessualità e la schiavizzazione delle donne.


E sulla pagina di Facebook di un italiano di origini arabe ho scoperto che addirittura in molte piscine e spiagge, sia in Egitto che in Marocco che in altri paesi arabi, il burkini è vietato, ufficialmente per "ragioni igieniche" nel caso delle piscine e di "decoro" nel caso delle spiagge, ma in verità perché non si vogliono le "imburkinate" che quasi mai si limitano a fare il bagno senza dare fastidio alle connazionali in costume. Quindi appare abbastanza demenziale che si voglia permettere in Europa ciò che si cerca faticosamente di arginare nei paesi arabi.


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