mercoledì 8 agosto 2012

Il problema Spinoza


Ho da poco finito di leggere  “Il problema Spinoza” di Irvin D. Yalom, psichiatra, psicoterapeuta e romanziere statunitense, e devo dire che era diverso tempo che non leggevo un romanzo che mi appassionasse dall'inizio alla fine.  

Durante l'occupazione tedesca dell’Olanda l'intera biblioteca del filosofo di origine ebraica Baruch Spinoza  è requisita da un'unità ai comandi di Alfred Rosenberg, fondatore e teorico del movimento nazista, condannato a morte al processo di Norimberga: la scritta "Il problema Spinoza" appare nel rapporto del nazista che la confiscò.

Prendendo  spunto da quest'episodio Yalom costruisce il suo romanzo immaginando che il teorico nazista sia stato ossessionato per tutta la vita dal filosofo ebreo del XVII° secolo.

L’espediente narrativo fa incontrare a Rosenberg il filosofo ebreo all’epoca dei suoi studi quando, in conseguenza di alcune sue affermazioni violentemente antisemite, è costretto dal preside di origine ebraiche Epstein a imparare a memoria alcuni passi dell’autobiografia di Goethe nei quali  l’autore del Faust, profondamente venerato dall'adolescente quale massimo poeta tedesco e simbolo dell'anima germanica, si dichiara grande ammiratore di Spinoza.

Ma anche se non c'è cura per chi è ormai ossessionato dal razzismo, tuttavia da allora si insinua nella mente di Rosenberg un tarlo: come può aver raggiunto tali sublimi altezze un appartenente a una razza inferiore? E questo tarlo lo accompagnerà per tutta la vita.

I capitoli si succedono alternando la storia dell’uno e dell’altro personaggio, come due vite parallele, e la trovata rende la narrazione più vivida anche se forse un po’ snervante, perché si seguono le vicende di un personaggio fino a un punto critico e a quel punto occorre calarsi nelle vicende dell’altro.

Rosenberg si arrovella sul "problema Spinoza" cercandovi una soluzione che non troverà. 

E' vero che Spinoza è un ebreo sui generis, bandito dalla comunità ebraica di Amsterdam perché considera l'ebraismo una forma di superstizione. Tuttavia allo stesso modo il filosofo rifiuta qualsiasi altra religione in nome della ragione e della ricerca di Dio, che non è fatto a immagine e somiglianza dell’uomo, ma che è tutt'uno con la natura. Il filosofo è un precursore dell’illuminismo e nelle sue teorie politiche ci sono già i germi del concetto di democrazia. Pertanto le teorie politiche di Spinoza non potevano piacere a Rosenberg che forse però si riconosce nel rifiuto delle religioni, anche se, a suo modo, anche il nazismo, di cui Rosenberg fu fondatore e teorico, era una religione basata sul volk (popolo) e sul sangue nonché sugli antichi miti nordici e come le religioni invadeva ogni aspetto della vita dei singoli.

Ma a mio parere l'autore unisce i protagonisti di queste vite parallele sulla base della reciproca difficoltà a esternare i propri sentimenti, a sentirsi parte di un'umanità che invece si limitano a osservare. Sia l’uno che l’altro vorrebbero amare ed essere amati, ma non possono, anche se l'autore li mette entrambi in contatto con due personaggi, di pura invenzione, con i quali riescono a mettere a nudo, almeno in parte, il loro animo, uno psicanalista nel caso di Rosenberg, un esponente della comunità ebraica nel caso di Spinoza.

Rosenberg appare come un individuo interiormente privo di interesse nei confronti dell'altro, e anche l'interesse per il filosofo sembra dominato da un unico interrogativo, comprendere il paradosso per cui un esponente di una razza inferiore possa aver raggiunto tali livelli di pensiero.

E che dire di Spinoza che interpreta in maniera geometrica anche passioni ed emozioni?

Nel romanzo gli è attribuito un unico amore, quello per la figlia del suo maestro Van den Enden dalla quale fu però rifiutato, episodio sul quale concordano anche i biografi, tanto che qualcuno si è domandato se da tale rifiuto derivi la  sua estrema misoginia che gli fa affermare che le donne sono incapaci di puro pensare, concetto tipicamente medioevale in un pensatore per altri versi già così moderno.

Ma mentre Spinoza sublima la sua incapacità di stabilire veri rapporti umani nelle vette del pensiero filosofico, Rosenberg scarica le sue frustrazioni e le sue insicurezze che derivano in larga parte dal non sentirsi amato e dal timore di non avere l’approvazione altrui nell’odio per gli ebrei che è il suo pensiero dominante, anche se in questo odio tuttavia c’è lo spazio per l’ammirazione di un filosofo di origine ebraica, seppur allontanato dalla sua comunità.

Come ho letto in questo articolo che ha per oggetto un altro dei romanzi di Yalom, "Love’s Executioner", che credo non sia stato tradotto in italiano, per l'autore il timore di fallire nelle relazioni umane e quindi di restare soli è uno dei quattro fattori che causano il dolore nell'umana esistenza. Gli altri sono: l’inevitabilità della morte, la libertà di scegliere e la responsabilità che ne deriva, la consapevolezza della mancanza di significato della vita.

Ma Yalom ha scritto altri due romanzi in cui protagonisti sono dei filosofi, "La cura Schopenhauer" e "Le lacrime di Nietzsche" e ciò mi fa venire in mente che da qualche anno la filosofia si è proposta come alternativa alla psicoterapia.

Veramente non so come la pensi lo psicoterapeuta Yalom in merito, ma attraverso questo romanzo non solo sono entrata  nel vivo della filosofia di Spinoza, ho creduto di comprendere il personaggio e le sue idee molto più di quando l'ho studiato al liceo, tanto che, diversamente da allora,  mi è venuta voglia di leggerne gli scritti, in particolare i due citati nel romanzo, l’ Etica e il Trattato teologico-filosofico, (nonostante le sue affermazioni sulle donne!), ma sono riuscita a vedere in maniera più chiara anche alcune questioni che mi riguardano.

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mercoledì 8 agosto 2012

Il problema Spinoza


Ho da poco finito di leggere  “Il problema Spinoza” di Irvin D. Yalom, psichiatra, psicoterapeuta e romanziere statunitense, e devo dire che era diverso tempo che non leggevo un romanzo che mi appassionasse dall'inizio alla fine.  

Durante l'occupazione tedesca dell’Olanda l'intera biblioteca del filosofo di origine ebraica Baruch Spinoza  è requisita da un'unità ai comandi di Alfred Rosenberg, fondatore e teorico del movimento nazista, condannato a morte al processo di Norimberga: la scritta "Il problema Spinoza" appare nel rapporto del nazista che la confiscò.

Prendendo  spunto da quest'episodio Yalom costruisce il suo romanzo immaginando che il teorico nazista sia stato ossessionato per tutta la vita dal filosofo ebreo del XVII° secolo.

L’espediente narrativo fa incontrare a Rosenberg il filosofo ebreo all’epoca dei suoi studi quando, in conseguenza di alcune sue affermazioni violentemente antisemite, è costretto dal preside di origine ebraiche Epstein a imparare a memoria alcuni passi dell’autobiografia di Goethe nei quali  l’autore del Faust, profondamente venerato dall'adolescente quale massimo poeta tedesco e simbolo dell'anima germanica, si dichiara grande ammiratore di Spinoza.

Ma anche se non c'è cura per chi è ormai ossessionato dal razzismo, tuttavia da allora si insinua nella mente di Rosenberg un tarlo: come può aver raggiunto tali sublimi altezze un appartenente a una razza inferiore? E questo tarlo lo accompagnerà per tutta la vita.

I capitoli si succedono alternando la storia dell’uno e dell’altro personaggio, come due vite parallele, e la trovata rende la narrazione più vivida anche se forse un po’ snervante, perché si seguono le vicende di un personaggio fino a un punto critico e a quel punto occorre calarsi nelle vicende dell’altro.

Rosenberg si arrovella sul "problema Spinoza" cercandovi una soluzione che non troverà. 

E' vero che Spinoza è un ebreo sui generis, bandito dalla comunità ebraica di Amsterdam perché considera l'ebraismo una forma di superstizione. Tuttavia allo stesso modo il filosofo rifiuta qualsiasi altra religione in nome della ragione e della ricerca di Dio, che non è fatto a immagine e somiglianza dell’uomo, ma che è tutt'uno con la natura. Il filosofo è un precursore dell’illuminismo e nelle sue teorie politiche ci sono già i germi del concetto di democrazia. Pertanto le teorie politiche di Spinoza non potevano piacere a Rosenberg che forse però si riconosce nel rifiuto delle religioni, anche se, a suo modo, anche il nazismo, di cui Rosenberg fu fondatore e teorico, era una religione basata sul volk (popolo) e sul sangue nonché sugli antichi miti nordici e come le religioni invadeva ogni aspetto della vita dei singoli.

Ma a mio parere l'autore unisce i protagonisti di queste vite parallele sulla base della reciproca difficoltà a esternare i propri sentimenti, a sentirsi parte di un'umanità che invece si limitano a osservare. Sia l’uno che l’altro vorrebbero amare ed essere amati, ma non possono, anche se l'autore li mette entrambi in contatto con due personaggi, di pura invenzione, con i quali riescono a mettere a nudo, almeno in parte, il loro animo, uno psicanalista nel caso di Rosenberg, un esponente della comunità ebraica nel caso di Spinoza.

Rosenberg appare come un individuo interiormente privo di interesse nei confronti dell'altro, e anche l'interesse per il filosofo sembra dominato da un unico interrogativo, comprendere il paradosso per cui un esponente di una razza inferiore possa aver raggiunto tali livelli di pensiero.

E che dire di Spinoza che interpreta in maniera geometrica anche passioni ed emozioni?

Nel romanzo gli è attribuito un unico amore, quello per la figlia del suo maestro Van den Enden dalla quale fu però rifiutato, episodio sul quale concordano anche i biografi, tanto che qualcuno si è domandato se da tale rifiuto derivi la  sua estrema misoginia che gli fa affermare che le donne sono incapaci di puro pensare, concetto tipicamente medioevale in un pensatore per altri versi già così moderno.

Ma mentre Spinoza sublima la sua incapacità di stabilire veri rapporti umani nelle vette del pensiero filosofico, Rosenberg scarica le sue frustrazioni e le sue insicurezze che derivano in larga parte dal non sentirsi amato e dal timore di non avere l’approvazione altrui nell’odio per gli ebrei che è il suo pensiero dominante, anche se in questo odio tuttavia c’è lo spazio per l’ammirazione di un filosofo di origine ebraica, seppur allontanato dalla sua comunità.

Come ho letto in questo articolo che ha per oggetto un altro dei romanzi di Yalom, "Love’s Executioner", che credo non sia stato tradotto in italiano, per l'autore il timore di fallire nelle relazioni umane e quindi di restare soli è uno dei quattro fattori che causano il dolore nell'umana esistenza. Gli altri sono: l’inevitabilità della morte, la libertà di scegliere e la responsabilità che ne deriva, la consapevolezza della mancanza di significato della vita.

Ma Yalom ha scritto altri due romanzi in cui protagonisti sono dei filosofi, "La cura Schopenhauer" e "Le lacrime di Nietzsche" e ciò mi fa venire in mente che da qualche anno la filosofia si è proposta come alternativa alla psicoterapia.

Veramente non so come la pensi lo psicoterapeuta Yalom in merito, ma attraverso questo romanzo non solo sono entrata  nel vivo della filosofia di Spinoza, ho creduto di comprendere il personaggio e le sue idee molto più di quando l'ho studiato al liceo, tanto che, diversamente da allora,  mi è venuta voglia di leggerne gli scritti, in particolare i due citati nel romanzo, l’ Etica e il Trattato teologico-filosofico, (nonostante le sue affermazioni sulle donne!), ma sono riuscita a vedere in maniera più chiara anche alcune questioni che mi riguardano.

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