domenica 30 marzo 2003

Letture consigliate



Questo articolo è proprio carino.
Dal Blog "Leonardo"
First we take Bassora, then we take Berghèm (primo episodio)


I'm guided by a signal in the heavens
I'm guided by this birthmark on my skin
I'm guided by the beauty of our weapons
First we take Bassora...


"Fu lunga, breve, giusta, sbagliata, preventiva, mal preventivata, disumana, umanitaria, fu tante cose, la Seconda Guerra del Golfo, finché un giorno finì e mentre i soldati dell'Iperpotenza sgomberavano (sostituiti dagli effettivi degli Stati vassalli), l'attesa montava, di conoscere quale sarebbe stato il prossimo obiettivo della Libertà Infinita; quale altro Stato Canaglia avrebbe avuto il privilegio di assaggiare il dolce sapore della democrazia, con quel vago retrogusto di uranio. In Occidente si accettavano scommesse; nel Medio Oriente s'incrociavano le dita e le code di paglia, lunghe assai.
Perciò la sorpresa fu grande, quando si scoprì che il fortunato prescelto era un Paese mollemente sospeso tra Africa ed Europa, ma da millenni iscritto nel catasto Occidentale; un antico faro di Civiltà , anche se negli ultimi tempi sbirluccicava appena, e un amico di vecchia data dell'Iperpotenza (come l'Iraq, del resto). Cosa poteva giustificare una simile scelta? Il petrolio? No, petrolio non ce n'era. Appena appena un po' di metano, ma chi farebbe una guerra per il metano? No, ormai le guerre non si facevano più per il profitto, ma per la democrazia, punto e basta. L'Iperpotenza riteneva che non ce ne fosse abbastanza, in quel Paese, e aveva deciso di rovesciargliene un po', lei che non sapeva più dove metterla.

A chi obiettava che quel Paese era, ufficialmente, una Repubblica democratica fondata sul Lavoro, gli ideologi dell'Iperpotenza replicavano con franche risate. Una Democrazia, quella? Con un Presidente che possedeva in forma privata metà dell'etere televisivo e in forma pubblica l'altra metà? Con un Parlamento che varava riforme della giustizia ogni volta che un parlamentare veniva beccato con le mani nel sacco? Con intere regioni in mano a tribù e a clan della malavita organizzata? Forse che Saddam Hussein era un Presidente democratico perché vinceva le elezioni col 99%?


E poi c'erano alcuni diabolici dettagli, che alimentavano il sospetto - qualcosa di più di un sospetto - nel cuore della diffidente Iperpotenza. Già da tempo essa aveva imparato a dubitare degli amici ancor prima che dei nemici, specie se erano amici grandi produttori e commercianti di armi.
Perché, proprio nel corso della guerra del Golfo, il Parlamento di quel Paese aveva sentito l'esigenza di consentire ai propri produttori di vendere armi ai Paesi che violavano i diritti civili? Pura coincidenza? E che dire di due anni prima, quendo ancora fumava Ground Zero e il mondo faceva la fila per esprimere le condoglianze all'Iperpotenza ferita al cuore? Non era stato forse lo stesso Parlamento *democratico* a votare una norma sulle rogatorie internazionali che era come un invito alle organizzazioni criminali e terroriste del mondo a nascondere i propri capitali in quel bel Paese? Insomma: si trattava di uno Stato amico o di uno Stato canaglia? Certe volte era difficile distinguere. Ma nel dubbio, si bombarda: era una prassi consolidata, ormai.

Certo, i governanti di quel Paese avevano avuto tante belle parole di solidarietà  con l'Iperpotenza. E quanta retorica sulla Terra della Democrazia, sulla bellezza delle stelle e delle strisce, ma aiuti concreti? Pochini. Invio di truppe al fronte? Solo a guerra conclusa. Uso delle basi? Sì, ehm, no, solo per azioni umanitarie, solo se ci mettete davanti al fatto compiuto.
"Ma insomma", sbottavano i diplomatici dell'Iperpotenza, "siete nostri alleati o no"?
"Ma sì. Ma no. Cioè, dipende dai sondaggi".

E intanto la situazione degenerava, giorno per giorno. Nel Paese era scoppiata da anni una violentissima guerra civile, detta Guerra del Traffico. Ogni giorno (e ogni notte) su strade e autostrade i civili si scontravano in duelli suicidi, col tacito consenso dell'autorità , che incoraggiava le fazioni a rottamare e acquistare auto sempre più veloci e distruttive, in nome dell'interesse nazionale e del Prodotto Interno Lordo. Ogni anno il numero di morti superava di gran lunga quello dell'Intifada palestinese. Urgeva un'invasione, per ripristinare, se non la libertà e la democrazia, almeno il Codice Stradale. Sarebbe morto qualche innocente, certo. Ma non si poteva far finta di niente, nascondere la testa nella sabbia.


I don't like your fashion business, mister.
I don't like these drugs that keep you thin.
I don't like what happened to my sister.
First we take Bassora...


Furono così avviate le procedure d'invasione, i colloqui multilaterali, i siparietti con gli ispettori ONU, e tutto l'armamentario che serve a far rilassare il telespettatore tra una guerra e l'altra, e a stimolargli l'appetito (parla di guerra per sei mesi, e alla fine ti supplicheranno di cominciarla). Ma nel Paese in questione, pigramente sospeso tra Europa e Africa, la tensione cresceva. Non era cosa di tutti i giorni, diventare un target militare.
I cittadini, specialmente, erano un po' perplessi. "(Continua...)

Si può dire né con Bush né con Saddam?

Perché no? Dov’è lo scandalo?
Certamente se con Bush si devono intendere gli Stati Uniti, come nazione e come popolo, o l’occidente, “tout court”,  come insieme di valori di libertà e di democrazia, è ovvio che non si può.
Ma si può, senza remora alcuna, se con Bush si intende una politica arrogante ed egemonica, messianica e provinciale, fondamentalista e guerrafondaia, una politica imperiale il cui fine è dettare il suo ordine al mondo intero, cosa che peraltro non mi sembra troppo democratica, una politica che oltretutto non rappresenta la maggioranza del popolo americano, tenuto conto che negli Stati Uniti  la percentuale dei votanti è mediamente intorno al 30% e quindi Bush rappresenta non più del 15% del popolo americano.
E non mi sembra che in questa doppia negazione si possa vedere un tradimento o un arruolamento nelle file di Saddam o addirittura del fondamentalismo islamico.
La difesa dei valori di libertà, democrazia, laicità dello Stato, tolleranza politica e religiosa, uguaglianza tra i sessi e tra le diverse etnie, non sono certamente in discussione, a prescindere dal fatto che di questi valori gli Stati Uniti non hanno il monopolio, perché sono anche valori europei. 
Tuttavia non è certamente auspicabile arrivare allo scontro di civiltà e la politica di Bush rischia di portare proprio a questo. Occorrerebbe invece che l’occidente si adoperasse per risolvere i problemi  dell’area mediorientale e in primo luogo la questione palestinese.  
La mancata risoluzione del problema palestinese, di cui è responsabile in buona parte la politica  degli USA di appoggio incondizionato a Israele, è infatti una delle cause, se non la principale, dell’incremento del fondamentalismo islamico e del terrorismo.
Infatti di fronte alla totale sordità dell’occidente e nel momento in cui ogni altra ideologia veniva a cadere, i popoli arabi non hanno trovato altro riferimento e motivo di unione che la religione con tutte le conseguenze che ciò ha comportato.
E ricordiamoci che le religioni monoteiste, tutte quante, cristiana, ebraica, musulmana, non sono mai state un modello di tolleranza, ognuna in quanto detentrice della verità rivelata considerando infedeli i portatori di altre fedi, ma tutte accomunate da un concetto negativo della donna che rappresenta il male, che è impura, che deve essere assoggettata all’uomo. Ricordiamoci che nel nostro medioevo si discuteva se le donne avessero un’anima. E che l’uguaglianza tra i sessi in occidente è una conquista del secolo scorso, almeno come concetto, perché poi nella realtà ci sono ancora molte “sacche di resistenza”. Teniamo infine presente che anche se in questo frangente il Papa ha levato la sua voce autorevole in favore della pace, non è necessario arruolarlo tra i progressisti, in quanto è lo stesso Papa che ha concetti piuttosto retrivi in materia di morale personale. E che il fondamentalismo di Bush e di quella parte di america provinciale che lo segue è parimenti retrivo. E che la libertà e la tolleranza sono in genere un portato del benessere economico e della cultura. Dove c’è miseria c’è ignoranza e conseguentemente intolleranza religiosa e civile. 
Credo che per sconfiggere terrorismo e fondamentalismo religioso non ci sia altro modo che il dialogo e non lo scontro.
Purtroppo questa guerra, frutto di miopia politica e arroganza militare, va proprio nella direzione opposta e se dovesse durare a lungo e coinvolgere magari altri paesi arabi, diventerebbe molto rischiosa per il futuro dell’intera umanità.
Per questo l’Europa e l’ONU devono fare il possibile per rientrare in gioco.
Anche Blair, che comunque appartiene sempre alla sinistra europea, non può permettersi di appoggiare gli Stati Uniti fino in fondo e infatti nell’incontro con Bush a Camp David si sono rivelate divergenze. Nemmeno Blair è d’accordo su un dopo Saddam come governatorato militare americano. I protettorati dovrebbero essere ormai nel dimenticatoio della storia e ritirarli fuori nel XXI° secolo è per lo meno un anacronismo. Di qui la telefonata di Blair a Chirac che pure è interessato a rientrare in gioco.
Circa il dopo Saddam sotto l’egida dell’ONU si sono espressi anche Prodi e persino Berlusconi che, partito in quarta per dare una mano all’amico Gorge, ha dovuto fare macchina indietro.
A questo punto non si può che auspicare che la guerra finisca presto e che il dopoguerra sia gestito dall’ONU. Ma gli avvenimenti di queste due settimane hanno già fatto capire che non sarà breve.
Gli iracheni resistono alla grande potenza. Le masse arabe sono dalla parte di Saddam che si è fatto il lifting: non più dittatore sanguinario, ma campione del panarabismo. Per il momento la guerra di Bush non si può definire un successo.

sabato 29 marzo 2003

IMAGINE

Imagine

By John Lennon


Imagine there's no heaven,
It's easy if you try,
No hell below us,
Above us only sky,
Imagine all the people
living for today...
Imagine there's no countries,
It isnt hard to do,
Nothing to kill or die for,
No religion too,
Imagine all the people
living life in peace...
Imagine no possesions,
I wonder if you can,
No need for greed or hunger,
A brotherhood of man,
Imagine all the people
Sharing all the world...
You may say I’m a dreamer,
but I’m not the only one,
I hope some day you'll join us,
And the world will live as one.

Bombe intelligenti e governi stupidi

Saddam Hussein resiste e obbliga la coalizione a modificare la strategia militare per affrontare la guerriglia urbana e un conflitto che sarà  più lungo del previsto. I militari iracheni evitano il combattimento frontale, che sarebbe perso in partenza. Gli americani attendono rinforzi per centomila uomini.

Intanto le bombe, non troppo intelligenti, sono attratte dai mercati. Ma anche se si dimostrassero sempre all'altezza dell'aggettivo ci penserebbero i governi ad essere stupidi. 
Mi sembrano interessanti a questo proposito alcuni articoli tratti da giornali americani.

THE WASHINGTON POST


Bombe intelligenti, guerra stupida


"Nella storia del pianeta il nostro è l'unico governo che mostra la premura per la vita umana  attraverso la precisione delle sue bombe . Questo dice molto circa le nostre capacità  tecnologiche . Ma anche circa l'insensibilità  dei nostri governanti (…)  Questa è la prima amministrazione USA interamente dominata da una squadra di uomini d'affari. Combinate questo con un presidente che sembra auto-investito dal suo stesso provincialismo e … voilà , ecco come gli USA si sono alienati un intero pianeta che guardava a noi come a una forza di garanzia nelle questioni umanitarie. Nell'America di Bush sono le bombe a rivelare la faccia umana della nostra nazione, mentre la classe dirigente – per rubare una frase di Yeats – rivela solo uno sguardo fisso e spietato come il sole”   
  

LOS ANGELES TIMES


Quante vite vale questo conflitto?

......"Perché una guerra sia considerata giusta, occorre che i suoi costi, in termini di morti e distruzioni, non superino i benefici. Ora, nonostante i costi di questa guerra siano certi, sono invece una vera scommessa tutte le motivazioni con cui l'amministrazione Bush ha mosso questo attacco. "   

mercoledì 26 marzo 2003

BLOG DI GUERRA

Sul Corriere della Sera di oggi, 26.3.2003 compare un articolo dal titolo : Iraq, la guerra dei blog invade la Rete, che dà notizia di alcuni siti indipendenti che raccolgono le opinioni dei soldati americani e dei sostenitori delle ragioni dell'Iraq.
Da una parte gli americani con «The Primary Main Objective», (L'obiettivo primario) e Lt-Smash.com.  , creati per raccogliere impressioni, idee, commenti e anche invettive dei soldati.
E dall'altra un misterioso iracheno che si firma Salam Pax (le parole che in arabo e latino significano pace) e che scrive un blog (un diario internet) da Bagdad . Quest'ultimo sta diventando una celebrità , sulla rete, con i suoi resoconti di prima mano dalla città  bombardata. Ovviamente si oppone all'invasione del suo Paese, senza tuttavia risparmiare le critiche alla classe dirigente dell'Iraq. Si apre con una massima di Samuel P. Huntington, professore di studi strategici di Harvard, che recita: «L'occidente ha conquistato il mondo non per la superiorità delle sue idee o dei suoi valori o della sua religione ma piuttosto per la sua superiorità  nell'applicare la violenza organizzata. Gli occidentali spesso dimenticano questo fatto, i non occidentali non lo dimenticano mai». Mi è sembrato interessante, per capire l'opinione dell'autore del sito, il "post" del 16 marzo scorso dove si afferma che nessuno in Iraq desidera la guerra, desidera essere bombardato, perché nessuno vuole suicidarsi. Che portare la democrazia con le bombe sarà  anche un bel pensiero, ma nessun iracheno lo gradisce. Che la situazione avrebbe potuto essere risolta in maniera diversa se gli occidentali si fossero posti il problema di risolverla già  all'indomani della prima guerra del golfo, invece di lasciar incancrenire i problemi e ricorrere alle sanzioni che hanno danneggiato solo il popolo, ma non il regime.Che in Iraq fino alla guerra del golfo il fondamentalismo islamico non si conosceva, le donne non portavano il velo, non c'era separazione tra i sessi e che tutto ciò è stato solo una conseguenza di quella guerra.
Devo dire che non è molto facile collegarsi con i tre siti (peraltro quello iracheno ha ripreso a trasmettere dopo due giorni di black out), ma vale la pena tentare.

Incerte notizie di guerra




Sta per iniziare il 7° giorno della guerra di Bush che si sta rivelando tutt'altro che una passeggiata. Bassora è stata data per presa più volte, ma ancora le sue sorti sono incerte. Gli anglo-americani si stanno avvicinando a Bagdad, ma lasciandosi dietro un territorio non certo conquistato. Il piano di Saddam è di attirarli a Bagdad. E poi cosa farà? Userà  le famigerate armi di distruzione di massa? Negli Stati Uniti si pensava ad una sollevazione popolare contro Saddam Hussein che per ora non c'è¨ stata. Sembra tuttavia, ma non è confermato, che a Bassora sia in atto una sollevazione da parte degli sciiti. Non si sa se il regime sia ancora saldo, e pertanto gli USA avrebbero fatto un errore di valutazione nel ritenere che il loro ingresso nel paese avrebbe determinato una sollevazione popolare, se il popolo iracheno abbia timore di essere abbandonato come già  accadde nel 1991 quando gli USA non entrarono a Bagdad lasciando il dittatore al potere, se semplicemente, pur non amando il dittatore, resista per orgoglio nazionale e anche perché non ama nemmeno gli americani e non vorrebbe finire sotto un protettorato militare.

In un articolo di oggi su Repubblica dal titolo "Il tradimento degli Sciiti" si sostiene che gli americani siano molto arrabbiati con gli sciiti sui quali contavano per entrare a Bassora ma che, almeno fino a stasera, non sembrano dargli l'appoggio che si aspettavano.
Da parte loro gli sciiti avrebbero le idee molto chiare: nel '91, dopo essersi ribellati sobillati e aiutati dagli americani, sono stati schiacciati crudelmente da Saddam che ne ha ammazzato mezzo milione. E gli americani? Hanno fatto finta di niente. 
Prima dell'inizio di questa guerra si sono incontrati con gli alleati per trattare le condizioni di una eventuale alleanza e gli americani cosa sono riusciti a dire loro? Che sono un popolo troppo giovane per prendersi la responsabilità  di governare l'Iraq liberato. Gli americani hanno detto questo a chi vive in quelle terre da millenni: 300 anni di storia, contro alcuni millenni. Un popolo giovane... E loro si sono un po' offesi. Inoltre, nessuno ha fugato i loro dubbi su un eventuale interessamento anglo-americano veso Est (leggi: IRAN).

GUERRE SANTE




Scrive Sergio Romano sul Corriere della Sera che "forse l'aspetto più interessante in questa guerra della comunicazione è la convinzione di ogni oratore che Dio sia sempre immancabilmente dalla sua parte. Mentre il discorso pronunciato ieri da Saddam è carico di riferimenti coranici, quelli di Bush hanno generalmente il tono profetico delle omelie dei pastori evangelici".
Scrive John Le Carré: "Bush ha Dio in tasca. E Dio ha idee politiche molto particolari. Dio ha ordinato all'America di salvare il mondo in qualunque modo convenga all'America. Dio ha ordinato ad Israele di essere il nesso della politica mediorientale dell'America, e chiunque voglia andar contro a quell'idea è¨: a) antisemita b) antiamericano c) col nemico e d) terrorista..(...)Per essere accettato nella squadra di Bush a quanto pare bisogna credere nel Bene Assoluto e nel Male Assoluto....
Sempra quasi che la religione sia indispensabile alle guerre.
Ma il motivo vero della guerra non è sconfiggere l'asse del male, quanto dimostrare a tutti noi - all'Europa, alla Russia, alla Cina, al medio oriente e a tutti quanti - la schiacciante superiorità degli Stati Uniti.

lunedì 24 marzo 2003

Gratitudine = sottomissione?

Non ne posso più della retorica della riconoscenza che dobbiamo agli Stati Uniti d’America  che ci hanno salvato  prima da Hitler, intervenendo nella seconda guerra mondiale,  e poi  dal comunismo, impedendone l’espansione con la loro forza militare ed economica.

Sono nata diversi anni dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Mio padre ha partecipato alla Resistenza. Mia madre non è mai stata fascista.
Sono passati 58 anni dalla fine della seconda guerra mondiale. Ora basta.
E soprattutto quell’aiuto, che nessuno disconosce, non può essere un’ipoteca sul futuro, né può essere preso a pretesto per dare sempre ragione agli Stati Uniti, qualunque decisione prendano.
Ieri sera a “Porta a Porta” Anselma Dall’Oglio è riuscita a rendermi simpatica persino la Mussolini.
E che dire di Paolo Guzzanti che si sente per metà (e forse più) statunitense e si agita e gode nel dire che gli Stati Uniti hanno imposto a tutti la democrazia a calci in culo? 
Cioè sostanzialmente siamo tutti sotto tutela, tutti incapaci, e se non ci fossero gli USA a proteggerci, ma anche a farci rigare diritto chissà cosa accadrebbe.
Ma la democrazia è una conquista di civiltà che non può essere imposta in nessun modo, tanto meno con le armi. E soprattutto non è un’invenzione degli Stati Uniti, anche se questi ultimi credono di averne il monopolio, essendo nata altresì in Grecia 2500 anni fa come peraltro dimostra l’etimologia della parola (letteralmente governo del popolo).
Anche le armate napoleoniche che portavano le idee della rivoluzione francese furono accolte favorevolmente dove le popolazioni erano pronte ad accettare le nuove idee, ma non dove non lo erano. 
Infine quando un paese è troppo forte finisce per umiliare gli altri e creare un sentimento di ostilità.

Nel documento sulla "Strategia nazionale di sicurezza" presentato da Washington il 20 settembre scorso si trova questo passaggio: "L'umanità  ha nelle sue mani l'occasione di assicurare il trionfo della libertà  sui suoi nemici. Gli Stati Uniti sono fieri della responsabilità che incombe loro di condurre questa importante missione."
Ritengo che l'Europa non possa accettare supinamente questa assunzione di responsabilità che la esclude. E pertanto debba lavorare per una politica estera ed una difesa comuni. E' necessario costituire un esercito europeo, perché purtroppo ancora l'umanità  non ha fatto quel salto di qualità che forse in un futuro, che si auspica non troppo lontano, renderà  inutile qualsiasi esercito perché la guerra sarà diventata tabù.   E ancora occorre dare maggiore impulso alla ricerca, evitando, soprattutto in Italia, la fuga di cervelli verso gli Stati Uniti determinata, in massima parte, dal clientelismo vergognoso che abbonda nelle nostre Università.
Non c'è altra soluzione al di fuori dell'Europa: la Francia da sola non è in grado di fare granché.
Purtroppo questa guerra ha visto l'Europa divisa e sarà  difficile ricostruire l'unità.
Per ora ognuno resta del suo parere.
Al vertice Europeo di Bruxelles il Presidente del Consiglio italiano Berlusconi ha sostenuto che è stata colpa della Francia, che ha commesso un errore, se l'Europa è divisa e l'ONU ha perso completamente la propria credibilità .
Il suo pensiero è il seguente: oggi esiste una sola superpotenza che aveva deciso comunque di attaccare l'Iraq e quindi saggezza politica avrebbe voluto di prenderne atto e di votare alle Nazioni Unite una risoluzione  che avrebbe dato la copertura di tutti alla guerra. 
Questo è opportunismo e servilismo al massimo grado.  
Certamente non c'è alternativa se l'Europa non ritrova una sua unità  su altre basi che le consentano di far fronte a questo strapotere per la costruzione di un mondo multipolare.

sabato 22 marzo 2003

Guerra e dopoguerra

La guerra è in corso e l’esito è scontato, anche se da due giorni giungono notizie contraddittorie sull’imminente presa di Bassora.
Dal punto di vista delle forze in campo, volendo usare un paragone calcistico, sembra una partita tra la Juventus e una società amatoriale.
La contraerea irachena contro i missili è assolutamente ridicola, uno spreco di munizioni. Non ha senso se non dal punto di vista simbolico: il regime vuol far sapere alla popolazione irachena che c’è ancora e combatte.
Forse il crollo è questione di giorni, ma non è detto.
Incerte le sorti di Saddam Hussein. E’ di pochi minuti fa la notizia che la CIA sarebbe in possesso di sue foto in barella, ferito o ucciso. Se ciò è vero, presumo che le farà circolare presto. Anche se sembra impossibile che il dittatore se ne stesse nel suo palazzo al momento dei bombardamenti. Soltanto un idiota totale non se ne sarebbe andato.
Sembra che molti soldati iracheni si siano già arresi nel Sud del paese, che le popolazioni siano contente. Tuttavia ci sono ancora sacche di resistenza. Certamente sono contenti gli iraniani che forse sperano in un futuro governo a maggioranza sciita e quindi molto più islamico del precedente. Perché se c’è una sola cosa positiva che si può riconoscere a Saddam Hussein è il suo laicismo, nonostante il forzato riavvicinamento ai dettami dell’Islam degli ultimi anni per ovvi motivi politici.
Nei paesi islamici la guerra in corso è vista come la guerra tra il mondo occidentale ed il mondo islamico come dimostrano le manifestazioni in favore dell’Iraq e questo è oltremodo pericoloso, perché potrebbe determinare un incremento del fondamentalismo islamico e del terrorismo più che il suo contrario.
Intanto forze armate turche sono entrate nel Nord dell’Iraq, nella regione del Kurdistan, cosa che non è piaciuta affatto agli Stati Uniti. Il Kurdistan infatti è la regione più sviluppata del paese e più ricca di giacimenti petroliferi.
E certamente questo non migliorerà le sorti dei Kurdi che avevano ottenuto una certa autonomia e un governo regionale e di cui i Turchi sono nemici mortali.
La cosa migliore per gli iracheni e per il resto del mondo sarebbe una rivolta popolare, un po’ come la nostra Resistenza durante la seconda guerra mondiale. Ma sappiamo che non esiste un’opposizione organizzata e armata.
Il rischio per tutto il mondo è l’occupazione militare da parte degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, che è poi il motivo per cui è stata fatta questa guerra, anche se prima o poi si dovrà presentare all’opinione pubblica mondiale un governo fantoccio che dovrà dare l’illusione di una liberazione anziché di una occupazione.
La bandiera a stelle e strisce, issata dopo la conquista del porto iracheno di Umm Qasr, è stata fatta ammainare pochi minuti dopo appunto per sottolineare che non si tratta di una guerra di occupazione ma di liberazione.

Mi sembra impossibile che qualcuno possa ancora credere che si facciano guerre umanitarie e che tutto ad un tratto gli Stati Uniti si siano schifati di un dittatore, quando ne hanno sostenuti tanti se non li hanno addirittura mandati al potere, senza considerare che lo stesso Saddam Hussein era un loro alleato fino al 1991.
Non ci sono guerre giuste, forse guerre necessarie.
Certamente se il mondo occidentale vuole mantenere il suo standard di vita attuale ha bisogno del petrolio. E questa è una delle motivazioni di questa guerra, ma non la sola. La principale motivazione sta nella volontà degli Stati Uniti di imporre al mondo il proprio ordine.
Questa volontà non potrà che scontrarsi con l’Europa, o meglio con le nazioni europee che ancora vogliono contare sullo scacchiere mondiale, dunque la Francia e la Germania che sono sempre state le principali potenze europee dai tempi del Sacro Romano Impero, insieme al Papato. L’Inghilterra è sempre stata un’isola, la Spagna è stata occupata dagli arabi per secoli. Il resto ha sempre contato come il due di picche.

Manifestazioni contro la guerra si svolgono in tutto il mondo, ma certo non la fermeranno.
Con questo non si vuol dire che siano inutili.
Tuttavia il problema centrale per il quale si deve mobilitare ora l’opinione pubblica mondiale, e con essa soprattutto i governi europei se vogliono ancora contare qualcosa, non è più la pace ad ogni costo, dato che nessuno può ormai fermare la guerra, quanto il dopoguerra che deve rientrare nell’ambito dell’ONU al fine di scongiurare uno squilibrato impero di Washington. 


venerdì 21 marzo 2003

La guerra ci fa vomitare!

Dal blog www.dagospia.com
21.3.2003
LA GUERRA CI FA VOMITARE! E A SAN FRANCISCO DEI MANIFESTANTI VOMITANO SUL SERIO
A San Francisco il premio per la protesta più fantasiosa contro la Guerra all’Iraq. Secondo il San Francisco Gate, un gruppo di manifestanti della città più progressista d’America, sarebbero riusciti a vomitare sui marciapiedi del palazzo del governo federale e anche nelle aeree vicine. Il gesto simbolico ha un evidente significato: questa guerra ci fa vomitare… 

lunedì 17 marzo 2003

Stella cadente

In una di quelle sere penetranti e silenziose quand'è un brivido ogni suono, e ogni bagliore una lacrima io vidi una stella cadente splendere nell'oscura volta del cielo e sparire nell'etereo spazio. In quell'attimo io pronunciai il suo nome e il fatto che il mio pensiero entrasse pronto nella durata subitanea della striscia luminosa mi parve di buon auspicio. (........)
E strane fantasie mi vennero, insieme ad ignoti desideri lontani e ricordi vaghi e indefiniti di esistenze anteriori
Io sento che in quel momento sarei stato pronto a qualunque impresa ed attesi il prodigio.
Andrea Lippi (Pistoia1888-1916)

NUOVO ORDINE MONDIALE?

L'ordine nato dalla seconda guerra mondiale vedeva il mondo contrapposto in due blocchi. L'alleanza tra gli Stati Uniti e l'Europa Occidentale poggiava sulla difesa dei valori della civiltà occidentale (modello politico liberale, economia di mercato) contro il nuovo ordine instaurato dall'URSS e dagli altri paesi del "comunismo realizzato". Il comune interesse era il contenimento del comunismo.
Dopo il crollo dei regimi comunisti simboleggiato dall'abbattimento del muro di Berlino, si è parlato di un mondo di pace e addirittura di fine della storia. Ma non è stato così e lo hanno già dimostrato le numerose guerre che hanno insanguinato il mondo da allora.
Ma questa crisi irachena ha reso evidente che i rapporti tra Stati Uniti ed Europa non sono più gli stessi. L'ordine "atlantico" costruito dopo la seconda guerra mondiale non esiste più.
La questione non è tanto che la Francia, la Germania, la Russia e la Cina abbiano una visione comune sulla crisi irachena contrapposta a quella degli Stati Uniti, quanto che il continente euroasiatico si contrappone a quello americano, e l'Europa e il suo modello culturale e sociale agli Stati Uniti e al mondo anglosassone.
Molti paventano questo nuovo ordine mondiale e auspicano che l'Europa non si allontani dall'altra sponda dell'atlantico, anche perchè non avrebbe niente da guadagnarci. L'attuale crisi sarebbe solo la manifestazione di anacronistici nazionalismi, francese e tedesco. Le due nazioni, che avrebbero firmato contratti vantaggiosissimi con l'attuale regime iracheno e non vorrebbero vederli vanificati, intenderebbero riacquistare il potere perduto e dominare l'Europa.
Credo che in queste critiche ci sia sicuramente del vero, ma non per questo mi piacciono di più i comportamenti arroganti ed egemonici degli Stati Uniti.
L'Europa nel suo complesso dovrebbe assumere una posizione forte, anche divergente da quella degli Stati Uniti che non possono arrogarsi il diritto di imporre il proprio ordine e la propria visione al resto del mondo. Purtroppo ne siamo ben lontani. E quindi se ci sono due Stati Europei che questa posizione ce l'hanno è inevitabile che cerchino di assumere un ruolo di guida.
Nazioni come l'Italia potrebbero fare di più in questa situazione. Purtroppo l'Italia non ha mai avuto una forte coscienza nazionale, come se ancora risentisse, dopo 1600 anni, della caduta dell'Impero Romano. Da allora in poi non siamo più stati in grado di risalire, almeno dal punto di vista politico e militare.
E il nostro governo non sa che pesci prendere. Rispetto a qualche tempo fa la sua posizione è diventata più oscillante, dopo un primo entusiastico allineamento alle posizioni degli Stati Uniti, forse a causa della posizione del Vaticano, forse a causa dei sondaggi di opinione, o dell'una e degli altri, tant'è che al vertice delle Azzorre Berlusconi non c'era.
Ci sarà qualche dichiarazione ufficiale di fronte alla guerra imminente ? 


giovedì 13 marzo 2003

FONDAMENTALISMI

Il  fatto che una nazione abbia assunto un ruolo messianico e  pretenda di assurgere a rappresentazione quasi divina del Bene nella lotta contro il Male, e che il capo dello stato più potente del mondo si richiami continuamente a Dio e continui a definire "Impero del Male" il suo obiettivo militare non ha niente a che vedere con le ragioni della civiltà.
Siamo infatti più propriamente nel campo del fanatismo e del fondamentalismo.
Stiamo assistendo dunque allo scontro tra due fondamentalismi, quello degli Stati Uniti e quello islamico, scontro che nel 2003 è per lo meno anacronistico. Infatti questo continuo chiamare in campo Dio o Allah è un ritorno al medioevo, a scenari che credevamo sepolti per sempre.
Di fronte a tutto questo la vecchia Europa, che nel suo lontano passato è stata teatro di sanguinose guerre di religione e che solo nel secolo appena trascorso lo è stata di due terribili conflitti mondiali, ha il dovere morale di essere contraria alla guerra e di fare di tutto per scongiurarla, anche se capisco, perché è anche in me, il problema etico derivante dal fatto che, se non si può essere con gli Stati Uniti, in quanto le sue ragioni non convincono e il suo messianesimo ancora meno, siamo ben consapevoli che dall’altra parte non c’è un paese democratico ed un legittimo governo, ma un dittatore come Saddam Hussein che rischia di rimanere al potere.
Purtroppo di fronte alla crisi se è emerso il popolo europeo in larga parte contrario alla guerra non è emerso un governo europeo. I diversi paesi si sono divisi tra coloro che appoggiano la politica degli Stati Uniti e quelli che l’avversano, mentre l’Italia sta assumendo, come al solito, un atteggiamento sempre più ondivago, tenuto conto che il governo non si è espresso come tale ma solo nelle opinioni personali dei diversi leader della maggioranza, dall’affermazione a favore della guerra del ministro della Difesa Martino alle generiche parole di Berlusconi in favore della pace ma sempre riaffermando l’indiscussa amicizia con gli Stati Uniti. Tuttavia di fronte allo strapotere di un’unica superpotenza, che non ha eguali dai tempi dell’Impero Romano, la cui leadership, si ritiene sponsorizzata da Dio e investita della missione  di assicurare il trionfo della libertà sui propri nemici, ritengo che la posizione più giusta sia quella della Francia, che certamente sta difendendo i suoi interessi economici, ma anche la propria dignità nazionale o “grandeur” che dir si voglia. Magari sarebbe stato più opportuno che la Francia e anche gli altri paesi contrari alla guerra, come la Germania, invece di agire solo in proprio nome, avessero svolto opera di convincimento nei confronti dei propri vicini e che questi ultimi, come l’Italia, avessero protestato se non consultati in merito. 
Certamente questo scontro tra gli Stati Uniti e la Francia potrebbe essere la prima avvisaglia di un conflitto più grande tra l’Europa e gli USA che potrebbe acuirsi nei prossimi anni.
Gli interessi degli europei possono essere diversi da quegli degli Usa, ma di fronte ad un paese che si ritiene investito da una missione, avere interessi diversi vuol dire scontrarsi.   
Forse ormai  la guerra all’Iraq non è che un pretesto. Il problema vero è che da una parte ci sono gli USA con la loro missione di salvatori della libertà mondiale, come se non ci fossero altri paesi di vecchie tradizioni democratiche, dall’altra un’Europa che deve crescere anche come potenza politica e militare, oltre che economica, allargandosi dall’Atlantico fino agli Urali, e che come tale non può piacere alla potenza egemone.

mercoledì 5 marzo 2003

Bandiere della pace sui campanili

Le bandiere della pace sventolano sui campanili delle Chiese.
Ciò non dovrebbe far meraviglia. Tuttavia di fronte alla storia, passata e recente della Chiesa, questo impegno è almeno inusuale. Infatti, anche volendo tralasciare le guerre cui la Chiesa nel passato ha fornito il proprio avallo quando non le ha addirittura scatenate, anche sorvolando sul silenzio del papato durante la seconda guerrra mondiale, non si può dimenticare che in altre occasioni, anche recenti, la voce della Chiesa non è mai andata al di là di un generico richiamo ai valori della pace e della fratellanza tra gli uomini. Mai si era impegnata in maniera così forte e diretta come di fronte a questa crisi irachena.
Ora, poichè, è indubbio che anche alle ragioni della pace siano sottesi non solo valori ideali, ma altresì intereressi economici, ci si potrebbe domandare se, per caso, il Vaticano non abbia degli ottimi contratti con Saddam Hussein.
Oppure non sarà che questo Papa, il quale non brilla certo per progressismo, soprattutto in materia di morale personale, sente più vicini i valori dell'ISLAM di quelli della civiltà occidentale?

sabato 1 marzo 2003

Le ragioni della pace e quelle della guerra


 Di fronte alla crisi irachena non è poi così semplice prendere posizione.

Personalmente sono a favore della pace, perché sono convinta che la guerra non risolve i problemi, anzi spesso pone le premesse di guerre successive, e soprattutto perché sono sempre le popolazioni civili a subirne le peggiori conseguenze, oggi più che mai quando la guerra tecnologica fa poche vittime tra i militari, però ne fa molte tra i civili, poiché le bombe, non sempre intelligenti, finiscono su edifici civili, anziché su obiettivi militari (anche se in questi deprecabili casi si parla di incidenti).

Pertanto una nuova guerra contro l'Iraq significherebbe nuove sofferenze per la popolazione civile che ancora subisce le conseguenze della crisi del 1991 e del relativo embargo che ha fatto solo morti tra i civili per denutrimento e mancanza di cure e niente ha fatto al regime.

Ad ogni  modo posso anche capire le ragioni della guerra, che stanno nella  difesa dei valori dell'Occidente nei confronti del fondamentalismo islamico che ci ha già  dichiarato guerra con il terrorismo, ma soprattutto nell'assicurarsi a buon mercato il petrolio iracheno, e non si può dimenticare che il petrolio è vitale per le nostre società, almeno finché un'energia alternativa, pulita e illimitata (l'idrogeno?) non sarà divenuta sfruttabile su scala industriale.
Quanto all'affossamento di un regime dittatoriale non è credibile come causa, soprattutto quando viene avanzata dagli Stati Uniti che, in passato, hanno sostenuto, finanziato e armato Saddam Hussein senza preoccuparsi troppo della natura dittatoriale del suo regime, così come hanno sostenuto, finanziato e armato, quando non condotto al potere, altri dittatori ( e il Cile di Pinochet non se lo ricorda più nessuno?).

Le guerre oggi, come nel passato, sono sempre state fatte per gli interessi, di volta in volta mascherati  con motivazioni di ordine ideale, ideologico, religioso o dinastico.

Tornando alla crisi irachena credo che non si possa passare sopra l'uccisione di tanti civili per assicurarsi un po' di petrolio.
Quanto alla lotta al terrorismo sono del parere che la guerra sarebbe altresì controproducente.
L'Iraq non è oggi, e non lo è mai stato, un campione del fondamentalismo islamico, anzi nel recente passato era tra i paesi arabi meno improntati ai dettami della religione islamica anche in fatto di costume. Ma un attacco da parte degli Stati Uniti e dei suoi alleati verrebbe visto come l'attacco dell'Occidente ad un paese islamico e fornirebbe un ottimo pretesto alle centrali terroristiche islamiche per dare incremento alle proprie azioni. Si potrebbe inoltre scavare un solco profondo, non più colmabile, tra l'Occidente e i paesi arabi, anche quelli moderati, fino allo scontro di civiltà e questo si che metterebbe in pericolo la pace mondiale. Il fondamentalismo islamico va combattuto perché non può che produrre aberrazioni e regimi dittatoriali, come li produsse il fondamentalismo cristiano (non possiamo dimenticare le guerre di religione che hanno insanguinato l'Europa per secoli, l'inquisizione, la caccia alle streghe, la conquista e la distruzione di intere popolazioni con la scusa di portare la vera fede), ma bisogna anche riflettere che esso si è rafforzato sulla mancata soluzione del problema palestinese che ha alimentato la disperazione nella quale si è sviluppato il  terrorismo. Ma non mi sembra che gli Stati Uniti abbiano mai inteso trovare una soluzione per questo problema, tenuto conto dei loro legami con Israele, ne lo ha fatto l'Europa.
E se è vero che Israele è apparentemente l'unico paese democratico dell'area, è altresì vero che la sua politica espansionistica non ha fatto altro che esasperare il problema palestinese e alimentare il terrorismo e rendere gli arabi sempre più fondamentalisti. Del resto cosa avremmo fatto noi se qualcuno fosse venuto a cacciarci dalle nostre terre e dalle nostre case con la scusa che quei territori erano suoi duemila anni prima?
Ma anche la fine del regime dittatoriale di Saddam Hussein e la conseguente democratizzazione dell'Iraq sotto l'egida degli Stati Uniti non varranno certo a risolvere il problema palestinese che è il vero dramma dell'area e la vera causa del terrorismo.

Credo pertanto che le ragioni della guerra  sopra prese in esame siano facilmente smontabili e che essa sarebbe giustificata solo nel caso in cui l'Iraq minacciasse veramente il mondo intero o anche  solo i propri vicini. Ma L'Iraq, non solo non ha attaccato nessuno, ma non è in condizione di minacciare i propri vicini o i suoi avversari e quindi qualsiasi collegamento con Hitler e la Germania del 1939 è assolutamente fuori luogo. Del resto per ammissione stessa del Pentagono l'esercito iracheno è povero e male addestrato, tanto che non resisterà più di due settimane alla guerra.
Non vi sono altresì prove che l'Iraq disponga di armi di distruzione di massa né si è stabilito alcun serio collegamento tra Saddam Hussein e Al Qaeda.
Allora dove è la minaccia?

Saddam minaccia soltanto i propri oppositori, in quanto è un efferato dittatore e questo credo che nessuno possa smentirlo, con buona pace degli inviati del Vaticano che stringono la mano a lui e ai suoi emissari.
Questo, a mio parere, è l'unico motivo etico per cui si possono avere dei dubbi nell'essere pacifisti ad oltranza, ed è l'unico motivo che ha veramente un peso a favore della guerra. Infatti, anche se le motivazioni della guerra voluta dagli Stati Uniti e dai suoi vassalli in Europa sono ben altre che il rovesciamento di Saddam, non sarebbe ammissibile che essa non comportasse la sua cacciata e la liberazione dell'Iraq, ovviamente sotto l'egida degli Stati Uniti che dovrebbero rimanere a lungo nel paese, anche perché non sembra almeno ad oggi che sia stato trovato il Karzai di turno. E certamente molti degli oppositori al regime di Saddam vedono nella guerra una speranza e si sentirebbero delusi se non venisse fatta.
Ma purtroppo Saddam non è il solo dittatore sulla scena mondiale e intervenire oggi in Iraq vorrebbe dire intervenire domani altrove, e quindi essere continuamente in guerra.
Ma l'Occidente democratico e civile può permettersi di essere sempre in guerra? E comunque la democrazia può essere imposta con le armi? 
Inoltre consentire a uno stato il diritto alla guerra contro un altro stato con la sola motivazione che in quello stato c'è¨ un regime dittatoriale sarebbe destabilizzante per i rapporti internazionali e  del resto la carta dell'ONU non consente il ricorso alla forza contro uno stato a motivo del suo regime. Il solo motivo per cui può autorizzare il ricorso alla forza è che quello stato rappresenti una minaccia per la pace e questo per l'Iraq non è stato dimostrato.

Ma gli Stati Uniti, che hanno deciso che vogliono fare questa guerra e la faranno con o senza l'ONU, si sentono autorizzati a tacciare gli stati europei meno asserviti alla loro politica di imbelli e ingrati.

A queste accuse si può rispondere che in Europa ci siamo scannati per secoli tra nazioni contrapposte e anche tra vicini di casa. E abbiamo dovuto sperimentare le aberrazioni del nazismo e della seconda guerra mondiale per bandire la guerra per sempre.
Quanto all'ingratitudine è bene ricordare che anche l'intervento degli Stati Uniti nella seconda guerra mondiale non fu determinato da motivi ideali, ma da ben precisi interessi.  Essi entrarono in guerra  solo nel 1941, anche perché l'opinione pubblica nazionale non era favorevole all'intervento e non capiva perché ci si dovesse occupare delle sorti dell'Europa, senonché ci fu il proditorio attacco del Giappone a Pearl Harbour, e finalmente gli Stati Uniti poterono intervenire e scongiurare così un'Europa dominata dalla Germania hitleriana o dall'Unione Sovietica, nel caso in cui la guerra fosse stata ugualmente persa dalla Germania, ciò che non coincideva propriamente con gli interessi degli Stati Uniti stessi. Pertanto la retorica americana sull'intervento con il quale avrebbero salvato l'Europa, e per il quale i paesi europei meno servili nei confronti della loro politica sarebbero degli ingrati, non ha proprio senso, e non tiene conto che la guerra fu combattuta e vinta anche dalla Russia, che ebbe venti milioni di morti, e dall'Inghilterra, senza considerare la Resistenza nei vari paesi europei occupati. 

Ma Washington è convinta di essere l'unica potenza in grado di far regnare l'ordine sul pianeta e pertanto tutti devono allinearsi. Ma Parigi e Berlino caldeggiano un mondo multipolare e un'Europa capace di affermarsi sulla scena politica in maniera autonoma. Con questo è certo che anche  l'atteggiamento delle due capitali europee è dettato da interessi non propriamente etici. E'probabile che Parigi abbia dei contratti vantaggiosi con l'Iraq.
Tuttavia non mi piace il messianesimo degli StatiUniti che ritengono di poter decidere per il mondo intero e di poter imporre  a tutti il proprio modo di vita e le proprie ragioni, trattando gli alleati come sottoposti, come non era più accaduto dei tempi della Roma imperiale. E chi non è con loro è contro di loro.
E' compito dell'Europa impegnarsi per una politica estera e per una difesa comuni in modo da poter contendere agli Stati Uniti la supremazia, tenuto conto che non sempre i nostri interessi coincidono con i loro.
Non si tratta di filoamericanismo o antiamericanismo. Non ci sono dubbi che gli Stati Uniti sono al loro interno un paese democratico, mentre l'Iraq non lo è.
Ma il problema non è questo, quanto se si ritenga giustificata o meno la guerra che essi vogliono fare e anche se i nostri interessi di europei coincidano veramente con i loro o siano anche diversi.
Quanto all'Italia dovrebbe impegnarsi per assumere il ruolo che le spetta, un ruolo forte in Europa  e attivo, anche per la sua posizione di paese mediterraneo, nella soluzione dei problemi dell'area del vicino oriente e nei rapporti tra questa e l'Europa.
Purtroppo i nostri governanti, di qualsiasi colore politico, non sono mai stati all'altezza della situazione, non hanno mai avuto grandi progetti e hanno sempre ritenuto di dover fare atto di vassallaggio nei confronti della superpotenza di oltreoceano.



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Vorrei concludere con queste parole:

Si era detto che dopo la caduta del Muro di Berlino si sarebbe aperta una nuova stagione di pace e sviluppo...
Si era detto che il "Nuovo Ordine Mondiale" avrebbe cancellato le guerre dalla faccia della Terra...
Ma nella Guerra del Golfo hanno perso la vita più di 300 mila uomini...
Nella Ex-Jugoslavia, nel cuore dell'Europa, si è combattuto per 10 anni riportando l'orologio della storia al medioevo...
In Afghanistan, in Cecenia, in Ruanda, in India e Pakistan, a Timor Est le armi non hanno mai smesso di tacere...
Attualmente 36 nazioni sono direttamente coinvolte in conflitti armati e spesso combattono anche i bambini...
Tutto questo mentre le spese militari dei paesi industrializzati sono 30 volte superiori agli stanziamenti per gli aiuti umanitari...
E il 25% della popolazione mondiale vive con meno di 1 $ al giorno...
Con la spesa per gli armamenti dell'anno 1983
si sarebbero potuti sfamare 200 milioni di bambini...
E con i soldi necessari per dotarsi di un caccia a reazione si potrebbero costruire 40.000 farmacie...
Intanto le mine antiuomo fanno ancora 20.000 vittime all'anno in ognuno dei 90 paesi che subiscono questo flagello. Produrre una mina costa 8 $. Disattivarla 5000 $...
Si parla di "guerre chirurgiche" ma nei conflitti contemporanei le vittime sono per il 34% bambini; per il 59% civili; per il 7 % militari...
Quelli che vengono definiti "danni collaterali" di un conflitto sono esseri umani massacrati, mutilati, violentati, privati di tutto quello che possiedono.
La guerra è la soluzione?



domenica 30 marzo 2003

Letture consigliate



Questo articolo è proprio carino.
Dal Blog "Leonardo"
First we take Bassora, then we take Berghèm (primo episodio)


I'm guided by a signal in the heavens
I'm guided by this birthmark on my skin
I'm guided by the beauty of our weapons
First we take Bassora...


"Fu lunga, breve, giusta, sbagliata, preventiva, mal preventivata, disumana, umanitaria, fu tante cose, la Seconda Guerra del Golfo, finché un giorno finì e mentre i soldati dell'Iperpotenza sgomberavano (sostituiti dagli effettivi degli Stati vassalli), l'attesa montava, di conoscere quale sarebbe stato il prossimo obiettivo della Libertà Infinita; quale altro Stato Canaglia avrebbe avuto il privilegio di assaggiare il dolce sapore della democrazia, con quel vago retrogusto di uranio. In Occidente si accettavano scommesse; nel Medio Oriente s'incrociavano le dita e le code di paglia, lunghe assai.
Perciò la sorpresa fu grande, quando si scoprì che il fortunato prescelto era un Paese mollemente sospeso tra Africa ed Europa, ma da millenni iscritto nel catasto Occidentale; un antico faro di Civiltà , anche se negli ultimi tempi sbirluccicava appena, e un amico di vecchia data dell'Iperpotenza (come l'Iraq, del resto). Cosa poteva giustificare una simile scelta? Il petrolio? No, petrolio non ce n'era. Appena appena un po' di metano, ma chi farebbe una guerra per il metano? No, ormai le guerre non si facevano più per il profitto, ma per la democrazia, punto e basta. L'Iperpotenza riteneva che non ce ne fosse abbastanza, in quel Paese, e aveva deciso di rovesciargliene un po', lei che non sapeva più dove metterla.

A chi obiettava che quel Paese era, ufficialmente, una Repubblica democratica fondata sul Lavoro, gli ideologi dell'Iperpotenza replicavano con franche risate. Una Democrazia, quella? Con un Presidente che possedeva in forma privata metà dell'etere televisivo e in forma pubblica l'altra metà? Con un Parlamento che varava riforme della giustizia ogni volta che un parlamentare veniva beccato con le mani nel sacco? Con intere regioni in mano a tribù e a clan della malavita organizzata? Forse che Saddam Hussein era un Presidente democratico perché vinceva le elezioni col 99%?


E poi c'erano alcuni diabolici dettagli, che alimentavano il sospetto - qualcosa di più di un sospetto - nel cuore della diffidente Iperpotenza. Già da tempo essa aveva imparato a dubitare degli amici ancor prima che dei nemici, specie se erano amici grandi produttori e commercianti di armi.
Perché, proprio nel corso della guerra del Golfo, il Parlamento di quel Paese aveva sentito l'esigenza di consentire ai propri produttori di vendere armi ai Paesi che violavano i diritti civili? Pura coincidenza? E che dire di due anni prima, quendo ancora fumava Ground Zero e il mondo faceva la fila per esprimere le condoglianze all'Iperpotenza ferita al cuore? Non era stato forse lo stesso Parlamento *democratico* a votare una norma sulle rogatorie internazionali che era come un invito alle organizzazioni criminali e terroriste del mondo a nascondere i propri capitali in quel bel Paese? Insomma: si trattava di uno Stato amico o di uno Stato canaglia? Certe volte era difficile distinguere. Ma nel dubbio, si bombarda: era una prassi consolidata, ormai.

Certo, i governanti di quel Paese avevano avuto tante belle parole di solidarietà  con l'Iperpotenza. E quanta retorica sulla Terra della Democrazia, sulla bellezza delle stelle e delle strisce, ma aiuti concreti? Pochini. Invio di truppe al fronte? Solo a guerra conclusa. Uso delle basi? Sì, ehm, no, solo per azioni umanitarie, solo se ci mettete davanti al fatto compiuto.
"Ma insomma", sbottavano i diplomatici dell'Iperpotenza, "siete nostri alleati o no"?
"Ma sì. Ma no. Cioè, dipende dai sondaggi".

E intanto la situazione degenerava, giorno per giorno. Nel Paese era scoppiata da anni una violentissima guerra civile, detta Guerra del Traffico. Ogni giorno (e ogni notte) su strade e autostrade i civili si scontravano in duelli suicidi, col tacito consenso dell'autorità , che incoraggiava le fazioni a rottamare e acquistare auto sempre più veloci e distruttive, in nome dell'interesse nazionale e del Prodotto Interno Lordo. Ogni anno il numero di morti superava di gran lunga quello dell'Intifada palestinese. Urgeva un'invasione, per ripristinare, se non la libertà e la democrazia, almeno il Codice Stradale. Sarebbe morto qualche innocente, certo. Ma non si poteva far finta di niente, nascondere la testa nella sabbia.


I don't like your fashion business, mister.
I don't like these drugs that keep you thin.
I don't like what happened to my sister.
First we take Bassora...


Furono così avviate le procedure d'invasione, i colloqui multilaterali, i siparietti con gli ispettori ONU, e tutto l'armamentario che serve a far rilassare il telespettatore tra una guerra e l'altra, e a stimolargli l'appetito (parla di guerra per sei mesi, e alla fine ti supplicheranno di cominciarla). Ma nel Paese in questione, pigramente sospeso tra Europa e Africa, la tensione cresceva. Non era cosa di tutti i giorni, diventare un target militare.
I cittadini, specialmente, erano un po' perplessi. "(Continua...)

Si può dire né con Bush né con Saddam?

Perché no? Dov’è lo scandalo?
Certamente se con Bush si devono intendere gli Stati Uniti, come nazione e come popolo, o l’occidente, “tout court”,  come insieme di valori di libertà e di democrazia, è ovvio che non si può.
Ma si può, senza remora alcuna, se con Bush si intende una politica arrogante ed egemonica, messianica e provinciale, fondamentalista e guerrafondaia, una politica imperiale il cui fine è dettare il suo ordine al mondo intero, cosa che peraltro non mi sembra troppo democratica, una politica che oltretutto non rappresenta la maggioranza del popolo americano, tenuto conto che negli Stati Uniti  la percentuale dei votanti è mediamente intorno al 30% e quindi Bush rappresenta non più del 15% del popolo americano.
E non mi sembra che in questa doppia negazione si possa vedere un tradimento o un arruolamento nelle file di Saddam o addirittura del fondamentalismo islamico.
La difesa dei valori di libertà, democrazia, laicità dello Stato, tolleranza politica e religiosa, uguaglianza tra i sessi e tra le diverse etnie, non sono certamente in discussione, a prescindere dal fatto che di questi valori gli Stati Uniti non hanno il monopolio, perché sono anche valori europei. 
Tuttavia non è certamente auspicabile arrivare allo scontro di civiltà e la politica di Bush rischia di portare proprio a questo. Occorrerebbe invece che l’occidente si adoperasse per risolvere i problemi  dell’area mediorientale e in primo luogo la questione palestinese.  
La mancata risoluzione del problema palestinese, di cui è responsabile in buona parte la politica  degli USA di appoggio incondizionato a Israele, è infatti una delle cause, se non la principale, dell’incremento del fondamentalismo islamico e del terrorismo.
Infatti di fronte alla totale sordità dell’occidente e nel momento in cui ogni altra ideologia veniva a cadere, i popoli arabi non hanno trovato altro riferimento e motivo di unione che la religione con tutte le conseguenze che ciò ha comportato.
E ricordiamoci che le religioni monoteiste, tutte quante, cristiana, ebraica, musulmana, non sono mai state un modello di tolleranza, ognuna in quanto detentrice della verità rivelata considerando infedeli i portatori di altre fedi, ma tutte accomunate da un concetto negativo della donna che rappresenta il male, che è impura, che deve essere assoggettata all’uomo. Ricordiamoci che nel nostro medioevo si discuteva se le donne avessero un’anima. E che l’uguaglianza tra i sessi in occidente è una conquista del secolo scorso, almeno come concetto, perché poi nella realtà ci sono ancora molte “sacche di resistenza”. Teniamo infine presente che anche se in questo frangente il Papa ha levato la sua voce autorevole in favore della pace, non è necessario arruolarlo tra i progressisti, in quanto è lo stesso Papa che ha concetti piuttosto retrivi in materia di morale personale. E che il fondamentalismo di Bush e di quella parte di america provinciale che lo segue è parimenti retrivo. E che la libertà e la tolleranza sono in genere un portato del benessere economico e della cultura. Dove c’è miseria c’è ignoranza e conseguentemente intolleranza religiosa e civile. 
Credo che per sconfiggere terrorismo e fondamentalismo religioso non ci sia altro modo che il dialogo e non lo scontro.
Purtroppo questa guerra, frutto di miopia politica e arroganza militare, va proprio nella direzione opposta e se dovesse durare a lungo e coinvolgere magari altri paesi arabi, diventerebbe molto rischiosa per il futuro dell’intera umanità.
Per questo l’Europa e l’ONU devono fare il possibile per rientrare in gioco.
Anche Blair, che comunque appartiene sempre alla sinistra europea, non può permettersi di appoggiare gli Stati Uniti fino in fondo e infatti nell’incontro con Bush a Camp David si sono rivelate divergenze. Nemmeno Blair è d’accordo su un dopo Saddam come governatorato militare americano. I protettorati dovrebbero essere ormai nel dimenticatoio della storia e ritirarli fuori nel XXI° secolo è per lo meno un anacronismo. Di qui la telefonata di Blair a Chirac che pure è interessato a rientrare in gioco.
Circa il dopo Saddam sotto l’egida dell’ONU si sono espressi anche Prodi e persino Berlusconi che, partito in quarta per dare una mano all’amico Gorge, ha dovuto fare macchina indietro.
A questo punto non si può che auspicare che la guerra finisca presto e che il dopoguerra sia gestito dall’ONU. Ma gli avvenimenti di queste due settimane hanno già fatto capire che non sarà breve.
Gli iracheni resistono alla grande potenza. Le masse arabe sono dalla parte di Saddam che si è fatto il lifting: non più dittatore sanguinario, ma campione del panarabismo. Per il momento la guerra di Bush non si può definire un successo.

sabato 29 marzo 2003

IMAGINE

Imagine

By John Lennon


Imagine there's no heaven,
It's easy if you try,
No hell below us,
Above us only sky,
Imagine all the people
living for today...
Imagine there's no countries,
It isnt hard to do,
Nothing to kill or die for,
No religion too,
Imagine all the people
living life in peace...
Imagine no possesions,
I wonder if you can,
No need for greed or hunger,
A brotherhood of man,
Imagine all the people
Sharing all the world...
You may say I’m a dreamer,
but I’m not the only one,
I hope some day you'll join us,
And the world will live as one.

Bombe intelligenti e governi stupidi

Saddam Hussein resiste e obbliga la coalizione a modificare la strategia militare per affrontare la guerriglia urbana e un conflitto che sarà  più lungo del previsto. I militari iracheni evitano il combattimento frontale, che sarebbe perso in partenza. Gli americani attendono rinforzi per centomila uomini.

Intanto le bombe, non troppo intelligenti, sono attratte dai mercati. Ma anche se si dimostrassero sempre all'altezza dell'aggettivo ci penserebbero i governi ad essere stupidi. 
Mi sembrano interessanti a questo proposito alcuni articoli tratti da giornali americani.

THE WASHINGTON POST


Bombe intelligenti, guerra stupida


"Nella storia del pianeta il nostro è l'unico governo che mostra la premura per la vita umana  attraverso la precisione delle sue bombe . Questo dice molto circa le nostre capacità  tecnologiche . Ma anche circa l'insensibilità  dei nostri governanti (…)  Questa è la prima amministrazione USA interamente dominata da una squadra di uomini d'affari. Combinate questo con un presidente che sembra auto-investito dal suo stesso provincialismo e … voilà , ecco come gli USA si sono alienati un intero pianeta che guardava a noi come a una forza di garanzia nelle questioni umanitarie. Nell'America di Bush sono le bombe a rivelare la faccia umana della nostra nazione, mentre la classe dirigente – per rubare una frase di Yeats – rivela solo uno sguardo fisso e spietato come il sole”   
  

LOS ANGELES TIMES


Quante vite vale questo conflitto?

......"Perché una guerra sia considerata giusta, occorre che i suoi costi, in termini di morti e distruzioni, non superino i benefici. Ora, nonostante i costi di questa guerra siano certi, sono invece una vera scommessa tutte le motivazioni con cui l'amministrazione Bush ha mosso questo attacco. "   

mercoledì 26 marzo 2003

BLOG DI GUERRA

Sul Corriere della Sera di oggi, 26.3.2003 compare un articolo dal titolo : Iraq, la guerra dei blog invade la Rete, che dà notizia di alcuni siti indipendenti che raccolgono le opinioni dei soldati americani e dei sostenitori delle ragioni dell'Iraq.
Da una parte gli americani con «The Primary Main Objective», (L'obiettivo primario) e Lt-Smash.com.  , creati per raccogliere impressioni, idee, commenti e anche invettive dei soldati.
E dall'altra un misterioso iracheno che si firma Salam Pax (le parole che in arabo e latino significano pace) e che scrive un blog (un diario internet) da Bagdad . Quest'ultimo sta diventando una celebrità , sulla rete, con i suoi resoconti di prima mano dalla città  bombardata. Ovviamente si oppone all'invasione del suo Paese, senza tuttavia risparmiare le critiche alla classe dirigente dell'Iraq. Si apre con una massima di Samuel P. Huntington, professore di studi strategici di Harvard, che recita: «L'occidente ha conquistato il mondo non per la superiorità delle sue idee o dei suoi valori o della sua religione ma piuttosto per la sua superiorità  nell'applicare la violenza organizzata. Gli occidentali spesso dimenticano questo fatto, i non occidentali non lo dimenticano mai». Mi è sembrato interessante, per capire l'opinione dell'autore del sito, il "post" del 16 marzo scorso dove si afferma che nessuno in Iraq desidera la guerra, desidera essere bombardato, perché nessuno vuole suicidarsi. Che portare la democrazia con le bombe sarà  anche un bel pensiero, ma nessun iracheno lo gradisce. Che la situazione avrebbe potuto essere risolta in maniera diversa se gli occidentali si fossero posti il problema di risolverla già  all'indomani della prima guerra del golfo, invece di lasciar incancrenire i problemi e ricorrere alle sanzioni che hanno danneggiato solo il popolo, ma non il regime.Che in Iraq fino alla guerra del golfo il fondamentalismo islamico non si conosceva, le donne non portavano il velo, non c'era separazione tra i sessi e che tutto ciò è stato solo una conseguenza di quella guerra.
Devo dire che non è molto facile collegarsi con i tre siti (peraltro quello iracheno ha ripreso a trasmettere dopo due giorni di black out), ma vale la pena tentare.

Incerte notizie di guerra




Sta per iniziare il 7° giorno della guerra di Bush che si sta rivelando tutt'altro che una passeggiata. Bassora è stata data per presa più volte, ma ancora le sue sorti sono incerte. Gli anglo-americani si stanno avvicinando a Bagdad, ma lasciandosi dietro un territorio non certo conquistato. Il piano di Saddam è di attirarli a Bagdad. E poi cosa farà? Userà  le famigerate armi di distruzione di massa? Negli Stati Uniti si pensava ad una sollevazione popolare contro Saddam Hussein che per ora non c'è¨ stata. Sembra tuttavia, ma non è confermato, che a Bassora sia in atto una sollevazione da parte degli sciiti. Non si sa se il regime sia ancora saldo, e pertanto gli USA avrebbero fatto un errore di valutazione nel ritenere che il loro ingresso nel paese avrebbe determinato una sollevazione popolare, se il popolo iracheno abbia timore di essere abbandonato come già  accadde nel 1991 quando gli USA non entrarono a Bagdad lasciando il dittatore al potere, se semplicemente, pur non amando il dittatore, resista per orgoglio nazionale e anche perché non ama nemmeno gli americani e non vorrebbe finire sotto un protettorato militare.

In un articolo di oggi su Repubblica dal titolo "Il tradimento degli Sciiti" si sostiene che gli americani siano molto arrabbiati con gli sciiti sui quali contavano per entrare a Bassora ma che, almeno fino a stasera, non sembrano dargli l'appoggio che si aspettavano.
Da parte loro gli sciiti avrebbero le idee molto chiare: nel '91, dopo essersi ribellati sobillati e aiutati dagli americani, sono stati schiacciati crudelmente da Saddam che ne ha ammazzato mezzo milione. E gli americani? Hanno fatto finta di niente. 
Prima dell'inizio di questa guerra si sono incontrati con gli alleati per trattare le condizioni di una eventuale alleanza e gli americani cosa sono riusciti a dire loro? Che sono un popolo troppo giovane per prendersi la responsabilità  di governare l'Iraq liberato. Gli americani hanno detto questo a chi vive in quelle terre da millenni: 300 anni di storia, contro alcuni millenni. Un popolo giovane... E loro si sono un po' offesi. Inoltre, nessuno ha fugato i loro dubbi su un eventuale interessamento anglo-americano veso Est (leggi: IRAN).

GUERRE SANTE




Scrive Sergio Romano sul Corriere della Sera che "forse l'aspetto più interessante in questa guerra della comunicazione è la convinzione di ogni oratore che Dio sia sempre immancabilmente dalla sua parte. Mentre il discorso pronunciato ieri da Saddam è carico di riferimenti coranici, quelli di Bush hanno generalmente il tono profetico delle omelie dei pastori evangelici".
Scrive John Le Carré: "Bush ha Dio in tasca. E Dio ha idee politiche molto particolari. Dio ha ordinato all'America di salvare il mondo in qualunque modo convenga all'America. Dio ha ordinato ad Israele di essere il nesso della politica mediorientale dell'America, e chiunque voglia andar contro a quell'idea è¨: a) antisemita b) antiamericano c) col nemico e d) terrorista..(...)Per essere accettato nella squadra di Bush a quanto pare bisogna credere nel Bene Assoluto e nel Male Assoluto....
Sempra quasi che la religione sia indispensabile alle guerre.
Ma il motivo vero della guerra non è sconfiggere l'asse del male, quanto dimostrare a tutti noi - all'Europa, alla Russia, alla Cina, al medio oriente e a tutti quanti - la schiacciante superiorità degli Stati Uniti.

lunedì 24 marzo 2003

Gratitudine = sottomissione?

Non ne posso più della retorica della riconoscenza che dobbiamo agli Stati Uniti d’America  che ci hanno salvato  prima da Hitler, intervenendo nella seconda guerra mondiale,  e poi  dal comunismo, impedendone l’espansione con la loro forza militare ed economica.

Sono nata diversi anni dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Mio padre ha partecipato alla Resistenza. Mia madre non è mai stata fascista.
Sono passati 58 anni dalla fine della seconda guerra mondiale. Ora basta.
E soprattutto quell’aiuto, che nessuno disconosce, non può essere un’ipoteca sul futuro, né può essere preso a pretesto per dare sempre ragione agli Stati Uniti, qualunque decisione prendano.
Ieri sera a “Porta a Porta” Anselma Dall’Oglio è riuscita a rendermi simpatica persino la Mussolini.
E che dire di Paolo Guzzanti che si sente per metà (e forse più) statunitense e si agita e gode nel dire che gli Stati Uniti hanno imposto a tutti la democrazia a calci in culo? 
Cioè sostanzialmente siamo tutti sotto tutela, tutti incapaci, e se non ci fossero gli USA a proteggerci, ma anche a farci rigare diritto chissà cosa accadrebbe.
Ma la democrazia è una conquista di civiltà che non può essere imposta in nessun modo, tanto meno con le armi. E soprattutto non è un’invenzione degli Stati Uniti, anche se questi ultimi credono di averne il monopolio, essendo nata altresì in Grecia 2500 anni fa come peraltro dimostra l’etimologia della parola (letteralmente governo del popolo).
Anche le armate napoleoniche che portavano le idee della rivoluzione francese furono accolte favorevolmente dove le popolazioni erano pronte ad accettare le nuove idee, ma non dove non lo erano. 
Infine quando un paese è troppo forte finisce per umiliare gli altri e creare un sentimento di ostilità.

Nel documento sulla "Strategia nazionale di sicurezza" presentato da Washington il 20 settembre scorso si trova questo passaggio: "L'umanità  ha nelle sue mani l'occasione di assicurare il trionfo della libertà  sui suoi nemici. Gli Stati Uniti sono fieri della responsabilità che incombe loro di condurre questa importante missione."
Ritengo che l'Europa non possa accettare supinamente questa assunzione di responsabilità che la esclude. E pertanto debba lavorare per una politica estera ed una difesa comuni. E' necessario costituire un esercito europeo, perché purtroppo ancora l'umanità  non ha fatto quel salto di qualità che forse in un futuro, che si auspica non troppo lontano, renderà  inutile qualsiasi esercito perché la guerra sarà diventata tabù.   E ancora occorre dare maggiore impulso alla ricerca, evitando, soprattutto in Italia, la fuga di cervelli verso gli Stati Uniti determinata, in massima parte, dal clientelismo vergognoso che abbonda nelle nostre Università.
Non c'è altra soluzione al di fuori dell'Europa: la Francia da sola non è in grado di fare granché.
Purtroppo questa guerra ha visto l'Europa divisa e sarà  difficile ricostruire l'unità.
Per ora ognuno resta del suo parere.
Al vertice Europeo di Bruxelles il Presidente del Consiglio italiano Berlusconi ha sostenuto che è stata colpa della Francia, che ha commesso un errore, se l'Europa è divisa e l'ONU ha perso completamente la propria credibilità .
Il suo pensiero è il seguente: oggi esiste una sola superpotenza che aveva deciso comunque di attaccare l'Iraq e quindi saggezza politica avrebbe voluto di prenderne atto e di votare alle Nazioni Unite una risoluzione  che avrebbe dato la copertura di tutti alla guerra. 
Questo è opportunismo e servilismo al massimo grado.  
Certamente non c'è alternativa se l'Europa non ritrova una sua unità  su altre basi che le consentano di far fronte a questo strapotere per la costruzione di un mondo multipolare.

sabato 22 marzo 2003

Guerra e dopoguerra

La guerra è in corso e l’esito è scontato, anche se da due giorni giungono notizie contraddittorie sull’imminente presa di Bassora.
Dal punto di vista delle forze in campo, volendo usare un paragone calcistico, sembra una partita tra la Juventus e una società amatoriale.
La contraerea irachena contro i missili è assolutamente ridicola, uno spreco di munizioni. Non ha senso se non dal punto di vista simbolico: il regime vuol far sapere alla popolazione irachena che c’è ancora e combatte.
Forse il crollo è questione di giorni, ma non è detto.
Incerte le sorti di Saddam Hussein. E’ di pochi minuti fa la notizia che la CIA sarebbe in possesso di sue foto in barella, ferito o ucciso. Se ciò è vero, presumo che le farà circolare presto. Anche se sembra impossibile che il dittatore se ne stesse nel suo palazzo al momento dei bombardamenti. Soltanto un idiota totale non se ne sarebbe andato.
Sembra che molti soldati iracheni si siano già arresi nel Sud del paese, che le popolazioni siano contente. Tuttavia ci sono ancora sacche di resistenza. Certamente sono contenti gli iraniani che forse sperano in un futuro governo a maggioranza sciita e quindi molto più islamico del precedente. Perché se c’è una sola cosa positiva che si può riconoscere a Saddam Hussein è il suo laicismo, nonostante il forzato riavvicinamento ai dettami dell’Islam degli ultimi anni per ovvi motivi politici.
Nei paesi islamici la guerra in corso è vista come la guerra tra il mondo occidentale ed il mondo islamico come dimostrano le manifestazioni in favore dell’Iraq e questo è oltremodo pericoloso, perché potrebbe determinare un incremento del fondamentalismo islamico e del terrorismo più che il suo contrario.
Intanto forze armate turche sono entrate nel Nord dell’Iraq, nella regione del Kurdistan, cosa che non è piaciuta affatto agli Stati Uniti. Il Kurdistan infatti è la regione più sviluppata del paese e più ricca di giacimenti petroliferi.
E certamente questo non migliorerà le sorti dei Kurdi che avevano ottenuto una certa autonomia e un governo regionale e di cui i Turchi sono nemici mortali.
La cosa migliore per gli iracheni e per il resto del mondo sarebbe una rivolta popolare, un po’ come la nostra Resistenza durante la seconda guerra mondiale. Ma sappiamo che non esiste un’opposizione organizzata e armata.
Il rischio per tutto il mondo è l’occupazione militare da parte degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, che è poi il motivo per cui è stata fatta questa guerra, anche se prima o poi si dovrà presentare all’opinione pubblica mondiale un governo fantoccio che dovrà dare l’illusione di una liberazione anziché di una occupazione.
La bandiera a stelle e strisce, issata dopo la conquista del porto iracheno di Umm Qasr, è stata fatta ammainare pochi minuti dopo appunto per sottolineare che non si tratta di una guerra di occupazione ma di liberazione.

Mi sembra impossibile che qualcuno possa ancora credere che si facciano guerre umanitarie e che tutto ad un tratto gli Stati Uniti si siano schifati di un dittatore, quando ne hanno sostenuti tanti se non li hanno addirittura mandati al potere, senza considerare che lo stesso Saddam Hussein era un loro alleato fino al 1991.
Non ci sono guerre giuste, forse guerre necessarie.
Certamente se il mondo occidentale vuole mantenere il suo standard di vita attuale ha bisogno del petrolio. E questa è una delle motivazioni di questa guerra, ma non la sola. La principale motivazione sta nella volontà degli Stati Uniti di imporre al mondo il proprio ordine.
Questa volontà non potrà che scontrarsi con l’Europa, o meglio con le nazioni europee che ancora vogliono contare sullo scacchiere mondiale, dunque la Francia e la Germania che sono sempre state le principali potenze europee dai tempi del Sacro Romano Impero, insieme al Papato. L’Inghilterra è sempre stata un’isola, la Spagna è stata occupata dagli arabi per secoli. Il resto ha sempre contato come il due di picche.

Manifestazioni contro la guerra si svolgono in tutto il mondo, ma certo non la fermeranno.
Con questo non si vuol dire che siano inutili.
Tuttavia il problema centrale per il quale si deve mobilitare ora l’opinione pubblica mondiale, e con essa soprattutto i governi europei se vogliono ancora contare qualcosa, non è più la pace ad ogni costo, dato che nessuno può ormai fermare la guerra, quanto il dopoguerra che deve rientrare nell’ambito dell’ONU al fine di scongiurare uno squilibrato impero di Washington. 


venerdì 21 marzo 2003

La guerra ci fa vomitare!

Dal blog www.dagospia.com
21.3.2003
LA GUERRA CI FA VOMITARE! E A SAN FRANCISCO DEI MANIFESTANTI VOMITANO SUL SERIO
A San Francisco il premio per la protesta più fantasiosa contro la Guerra all’Iraq. Secondo il San Francisco Gate, un gruppo di manifestanti della città più progressista d’America, sarebbero riusciti a vomitare sui marciapiedi del palazzo del governo federale e anche nelle aeree vicine. Il gesto simbolico ha un evidente significato: questa guerra ci fa vomitare… 

lunedì 17 marzo 2003

Stella cadente

In una di quelle sere penetranti e silenziose quand'è un brivido ogni suono, e ogni bagliore una lacrima io vidi una stella cadente splendere nell'oscura volta del cielo e sparire nell'etereo spazio. In quell'attimo io pronunciai il suo nome e il fatto che il mio pensiero entrasse pronto nella durata subitanea della striscia luminosa mi parve di buon auspicio. (........)
E strane fantasie mi vennero, insieme ad ignoti desideri lontani e ricordi vaghi e indefiniti di esistenze anteriori
Io sento che in quel momento sarei stato pronto a qualunque impresa ed attesi il prodigio.
Andrea Lippi (Pistoia1888-1916)

NUOVO ORDINE MONDIALE?

L'ordine nato dalla seconda guerra mondiale vedeva il mondo contrapposto in due blocchi. L'alleanza tra gli Stati Uniti e l'Europa Occidentale poggiava sulla difesa dei valori della civiltà occidentale (modello politico liberale, economia di mercato) contro il nuovo ordine instaurato dall'URSS e dagli altri paesi del "comunismo realizzato". Il comune interesse era il contenimento del comunismo.
Dopo il crollo dei regimi comunisti simboleggiato dall'abbattimento del muro di Berlino, si è parlato di un mondo di pace e addirittura di fine della storia. Ma non è stato così e lo hanno già dimostrato le numerose guerre che hanno insanguinato il mondo da allora.
Ma questa crisi irachena ha reso evidente che i rapporti tra Stati Uniti ed Europa non sono più gli stessi. L'ordine "atlantico" costruito dopo la seconda guerra mondiale non esiste più.
La questione non è tanto che la Francia, la Germania, la Russia e la Cina abbiano una visione comune sulla crisi irachena contrapposta a quella degli Stati Uniti, quanto che il continente euroasiatico si contrappone a quello americano, e l'Europa e il suo modello culturale e sociale agli Stati Uniti e al mondo anglosassone.
Molti paventano questo nuovo ordine mondiale e auspicano che l'Europa non si allontani dall'altra sponda dell'atlantico, anche perchè non avrebbe niente da guadagnarci. L'attuale crisi sarebbe solo la manifestazione di anacronistici nazionalismi, francese e tedesco. Le due nazioni, che avrebbero firmato contratti vantaggiosissimi con l'attuale regime iracheno e non vorrebbero vederli vanificati, intenderebbero riacquistare il potere perduto e dominare l'Europa.
Credo che in queste critiche ci sia sicuramente del vero, ma non per questo mi piacciono di più i comportamenti arroganti ed egemonici degli Stati Uniti.
L'Europa nel suo complesso dovrebbe assumere una posizione forte, anche divergente da quella degli Stati Uniti che non possono arrogarsi il diritto di imporre il proprio ordine e la propria visione al resto del mondo. Purtroppo ne siamo ben lontani. E quindi se ci sono due Stati Europei che questa posizione ce l'hanno è inevitabile che cerchino di assumere un ruolo di guida.
Nazioni come l'Italia potrebbero fare di più in questa situazione. Purtroppo l'Italia non ha mai avuto una forte coscienza nazionale, come se ancora risentisse, dopo 1600 anni, della caduta dell'Impero Romano. Da allora in poi non siamo più stati in grado di risalire, almeno dal punto di vista politico e militare.
E il nostro governo non sa che pesci prendere. Rispetto a qualche tempo fa la sua posizione è diventata più oscillante, dopo un primo entusiastico allineamento alle posizioni degli Stati Uniti, forse a causa della posizione del Vaticano, forse a causa dei sondaggi di opinione, o dell'una e degli altri, tant'è che al vertice delle Azzorre Berlusconi non c'era.
Ci sarà qualche dichiarazione ufficiale di fronte alla guerra imminente ? 


giovedì 13 marzo 2003

FONDAMENTALISMI

Il  fatto che una nazione abbia assunto un ruolo messianico e  pretenda di assurgere a rappresentazione quasi divina del Bene nella lotta contro il Male, e che il capo dello stato più potente del mondo si richiami continuamente a Dio e continui a definire "Impero del Male" il suo obiettivo militare non ha niente a che vedere con le ragioni della civiltà.
Siamo infatti più propriamente nel campo del fanatismo e del fondamentalismo.
Stiamo assistendo dunque allo scontro tra due fondamentalismi, quello degli Stati Uniti e quello islamico, scontro che nel 2003 è per lo meno anacronistico. Infatti questo continuo chiamare in campo Dio o Allah è un ritorno al medioevo, a scenari che credevamo sepolti per sempre.
Di fronte a tutto questo la vecchia Europa, che nel suo lontano passato è stata teatro di sanguinose guerre di religione e che solo nel secolo appena trascorso lo è stata di due terribili conflitti mondiali, ha il dovere morale di essere contraria alla guerra e di fare di tutto per scongiurarla, anche se capisco, perché è anche in me, il problema etico derivante dal fatto che, se non si può essere con gli Stati Uniti, in quanto le sue ragioni non convincono e il suo messianesimo ancora meno, siamo ben consapevoli che dall’altra parte non c’è un paese democratico ed un legittimo governo, ma un dittatore come Saddam Hussein che rischia di rimanere al potere.
Purtroppo di fronte alla crisi se è emerso il popolo europeo in larga parte contrario alla guerra non è emerso un governo europeo. I diversi paesi si sono divisi tra coloro che appoggiano la politica degli Stati Uniti e quelli che l’avversano, mentre l’Italia sta assumendo, come al solito, un atteggiamento sempre più ondivago, tenuto conto che il governo non si è espresso come tale ma solo nelle opinioni personali dei diversi leader della maggioranza, dall’affermazione a favore della guerra del ministro della Difesa Martino alle generiche parole di Berlusconi in favore della pace ma sempre riaffermando l’indiscussa amicizia con gli Stati Uniti. Tuttavia di fronte allo strapotere di un’unica superpotenza, che non ha eguali dai tempi dell’Impero Romano, la cui leadership, si ritiene sponsorizzata da Dio e investita della missione  di assicurare il trionfo della libertà sui propri nemici, ritengo che la posizione più giusta sia quella della Francia, che certamente sta difendendo i suoi interessi economici, ma anche la propria dignità nazionale o “grandeur” che dir si voglia. Magari sarebbe stato più opportuno che la Francia e anche gli altri paesi contrari alla guerra, come la Germania, invece di agire solo in proprio nome, avessero svolto opera di convincimento nei confronti dei propri vicini e che questi ultimi, come l’Italia, avessero protestato se non consultati in merito. 
Certamente questo scontro tra gli Stati Uniti e la Francia potrebbe essere la prima avvisaglia di un conflitto più grande tra l’Europa e gli USA che potrebbe acuirsi nei prossimi anni.
Gli interessi degli europei possono essere diversi da quegli degli Usa, ma di fronte ad un paese che si ritiene investito da una missione, avere interessi diversi vuol dire scontrarsi.   
Forse ormai  la guerra all’Iraq non è che un pretesto. Il problema vero è che da una parte ci sono gli USA con la loro missione di salvatori della libertà mondiale, come se non ci fossero altri paesi di vecchie tradizioni democratiche, dall’altra un’Europa che deve crescere anche come potenza politica e militare, oltre che economica, allargandosi dall’Atlantico fino agli Urali, e che come tale non può piacere alla potenza egemone.

mercoledì 5 marzo 2003

Bandiere della pace sui campanili

Le bandiere della pace sventolano sui campanili delle Chiese.
Ciò non dovrebbe far meraviglia. Tuttavia di fronte alla storia, passata e recente della Chiesa, questo impegno è almeno inusuale. Infatti, anche volendo tralasciare le guerre cui la Chiesa nel passato ha fornito il proprio avallo quando non le ha addirittura scatenate, anche sorvolando sul silenzio del papato durante la seconda guerrra mondiale, non si può dimenticare che in altre occasioni, anche recenti, la voce della Chiesa non è mai andata al di là di un generico richiamo ai valori della pace e della fratellanza tra gli uomini. Mai si era impegnata in maniera così forte e diretta come di fronte a questa crisi irachena.
Ora, poichè, è indubbio che anche alle ragioni della pace siano sottesi non solo valori ideali, ma altresì intereressi economici, ci si potrebbe domandare se, per caso, il Vaticano non abbia degli ottimi contratti con Saddam Hussein.
Oppure non sarà che questo Papa, il quale non brilla certo per progressismo, soprattutto in materia di morale personale, sente più vicini i valori dell'ISLAM di quelli della civiltà occidentale?

sabato 1 marzo 2003

Le ragioni della pace e quelle della guerra


 Di fronte alla crisi irachena non è poi così semplice prendere posizione.

Personalmente sono a favore della pace, perché sono convinta che la guerra non risolve i problemi, anzi spesso pone le premesse di guerre successive, e soprattutto perché sono sempre le popolazioni civili a subirne le peggiori conseguenze, oggi più che mai quando la guerra tecnologica fa poche vittime tra i militari, però ne fa molte tra i civili, poiché le bombe, non sempre intelligenti, finiscono su edifici civili, anziché su obiettivi militari (anche se in questi deprecabili casi si parla di incidenti).

Pertanto una nuova guerra contro l'Iraq significherebbe nuove sofferenze per la popolazione civile che ancora subisce le conseguenze della crisi del 1991 e del relativo embargo che ha fatto solo morti tra i civili per denutrimento e mancanza di cure e niente ha fatto al regime.

Ad ogni  modo posso anche capire le ragioni della guerra, che stanno nella  difesa dei valori dell'Occidente nei confronti del fondamentalismo islamico che ci ha già  dichiarato guerra con il terrorismo, ma soprattutto nell'assicurarsi a buon mercato il petrolio iracheno, e non si può dimenticare che il petrolio è vitale per le nostre società, almeno finché un'energia alternativa, pulita e illimitata (l'idrogeno?) non sarà divenuta sfruttabile su scala industriale.
Quanto all'affossamento di un regime dittatoriale non è credibile come causa, soprattutto quando viene avanzata dagli Stati Uniti che, in passato, hanno sostenuto, finanziato e armato Saddam Hussein senza preoccuparsi troppo della natura dittatoriale del suo regime, così come hanno sostenuto, finanziato e armato, quando non condotto al potere, altri dittatori ( e il Cile di Pinochet non se lo ricorda più nessuno?).

Le guerre oggi, come nel passato, sono sempre state fatte per gli interessi, di volta in volta mascherati  con motivazioni di ordine ideale, ideologico, religioso o dinastico.

Tornando alla crisi irachena credo che non si possa passare sopra l'uccisione di tanti civili per assicurarsi un po' di petrolio.
Quanto alla lotta al terrorismo sono del parere che la guerra sarebbe altresì controproducente.
L'Iraq non è oggi, e non lo è mai stato, un campione del fondamentalismo islamico, anzi nel recente passato era tra i paesi arabi meno improntati ai dettami della religione islamica anche in fatto di costume. Ma un attacco da parte degli Stati Uniti e dei suoi alleati verrebbe visto come l'attacco dell'Occidente ad un paese islamico e fornirebbe un ottimo pretesto alle centrali terroristiche islamiche per dare incremento alle proprie azioni. Si potrebbe inoltre scavare un solco profondo, non più colmabile, tra l'Occidente e i paesi arabi, anche quelli moderati, fino allo scontro di civiltà e questo si che metterebbe in pericolo la pace mondiale. Il fondamentalismo islamico va combattuto perché non può che produrre aberrazioni e regimi dittatoriali, come li produsse il fondamentalismo cristiano (non possiamo dimenticare le guerre di religione che hanno insanguinato l'Europa per secoli, l'inquisizione, la caccia alle streghe, la conquista e la distruzione di intere popolazioni con la scusa di portare la vera fede), ma bisogna anche riflettere che esso si è rafforzato sulla mancata soluzione del problema palestinese che ha alimentato la disperazione nella quale si è sviluppato il  terrorismo. Ma non mi sembra che gli Stati Uniti abbiano mai inteso trovare una soluzione per questo problema, tenuto conto dei loro legami con Israele, ne lo ha fatto l'Europa.
E se è vero che Israele è apparentemente l'unico paese democratico dell'area, è altresì vero che la sua politica espansionistica non ha fatto altro che esasperare il problema palestinese e alimentare il terrorismo e rendere gli arabi sempre più fondamentalisti. Del resto cosa avremmo fatto noi se qualcuno fosse venuto a cacciarci dalle nostre terre e dalle nostre case con la scusa che quei territori erano suoi duemila anni prima?
Ma anche la fine del regime dittatoriale di Saddam Hussein e la conseguente democratizzazione dell'Iraq sotto l'egida degli Stati Uniti non varranno certo a risolvere il problema palestinese che è il vero dramma dell'area e la vera causa del terrorismo.

Credo pertanto che le ragioni della guerra  sopra prese in esame siano facilmente smontabili e che essa sarebbe giustificata solo nel caso in cui l'Iraq minacciasse veramente il mondo intero o anche  solo i propri vicini. Ma L'Iraq, non solo non ha attaccato nessuno, ma non è in condizione di minacciare i propri vicini o i suoi avversari e quindi qualsiasi collegamento con Hitler e la Germania del 1939 è assolutamente fuori luogo. Del resto per ammissione stessa del Pentagono l'esercito iracheno è povero e male addestrato, tanto che non resisterà più di due settimane alla guerra.
Non vi sono altresì prove che l'Iraq disponga di armi di distruzione di massa né si è stabilito alcun serio collegamento tra Saddam Hussein e Al Qaeda.
Allora dove è la minaccia?

Saddam minaccia soltanto i propri oppositori, in quanto è un efferato dittatore e questo credo che nessuno possa smentirlo, con buona pace degli inviati del Vaticano che stringono la mano a lui e ai suoi emissari.
Questo, a mio parere, è l'unico motivo etico per cui si possono avere dei dubbi nell'essere pacifisti ad oltranza, ed è l'unico motivo che ha veramente un peso a favore della guerra. Infatti, anche se le motivazioni della guerra voluta dagli Stati Uniti e dai suoi vassalli in Europa sono ben altre che il rovesciamento di Saddam, non sarebbe ammissibile che essa non comportasse la sua cacciata e la liberazione dell'Iraq, ovviamente sotto l'egida degli Stati Uniti che dovrebbero rimanere a lungo nel paese, anche perché non sembra almeno ad oggi che sia stato trovato il Karzai di turno. E certamente molti degli oppositori al regime di Saddam vedono nella guerra una speranza e si sentirebbero delusi se non venisse fatta.
Ma purtroppo Saddam non è il solo dittatore sulla scena mondiale e intervenire oggi in Iraq vorrebbe dire intervenire domani altrove, e quindi essere continuamente in guerra.
Ma l'Occidente democratico e civile può permettersi di essere sempre in guerra? E comunque la democrazia può essere imposta con le armi? 
Inoltre consentire a uno stato il diritto alla guerra contro un altro stato con la sola motivazione che in quello stato c'è¨ un regime dittatoriale sarebbe destabilizzante per i rapporti internazionali e  del resto la carta dell'ONU non consente il ricorso alla forza contro uno stato a motivo del suo regime. Il solo motivo per cui può autorizzare il ricorso alla forza è che quello stato rappresenti una minaccia per la pace e questo per l'Iraq non è stato dimostrato.

Ma gli Stati Uniti, che hanno deciso che vogliono fare questa guerra e la faranno con o senza l'ONU, si sentono autorizzati a tacciare gli stati europei meno asserviti alla loro politica di imbelli e ingrati.

A queste accuse si può rispondere che in Europa ci siamo scannati per secoli tra nazioni contrapposte e anche tra vicini di casa. E abbiamo dovuto sperimentare le aberrazioni del nazismo e della seconda guerra mondiale per bandire la guerra per sempre.
Quanto all'ingratitudine è bene ricordare che anche l'intervento degli Stati Uniti nella seconda guerra mondiale non fu determinato da motivi ideali, ma da ben precisi interessi.  Essi entrarono in guerra  solo nel 1941, anche perché l'opinione pubblica nazionale non era favorevole all'intervento e non capiva perché ci si dovesse occupare delle sorti dell'Europa, senonché ci fu il proditorio attacco del Giappone a Pearl Harbour, e finalmente gli Stati Uniti poterono intervenire e scongiurare così un'Europa dominata dalla Germania hitleriana o dall'Unione Sovietica, nel caso in cui la guerra fosse stata ugualmente persa dalla Germania, ciò che non coincideva propriamente con gli interessi degli Stati Uniti stessi. Pertanto la retorica americana sull'intervento con il quale avrebbero salvato l'Europa, e per il quale i paesi europei meno servili nei confronti della loro politica sarebbero degli ingrati, non ha proprio senso, e non tiene conto che la guerra fu combattuta e vinta anche dalla Russia, che ebbe venti milioni di morti, e dall'Inghilterra, senza considerare la Resistenza nei vari paesi europei occupati. 

Ma Washington è convinta di essere l'unica potenza in grado di far regnare l'ordine sul pianeta e pertanto tutti devono allinearsi. Ma Parigi e Berlino caldeggiano un mondo multipolare e un'Europa capace di affermarsi sulla scena politica in maniera autonoma. Con questo è certo che anche  l'atteggiamento delle due capitali europee è dettato da interessi non propriamente etici. E'probabile che Parigi abbia dei contratti vantaggiosi con l'Iraq.
Tuttavia non mi piace il messianesimo degli StatiUniti che ritengono di poter decidere per il mondo intero e di poter imporre  a tutti il proprio modo di vita e le proprie ragioni, trattando gli alleati come sottoposti, come non era più accaduto dei tempi della Roma imperiale. E chi non è con loro è contro di loro.
E' compito dell'Europa impegnarsi per una politica estera e per una difesa comuni in modo da poter contendere agli Stati Uniti la supremazia, tenuto conto che non sempre i nostri interessi coincidono con i loro.
Non si tratta di filoamericanismo o antiamericanismo. Non ci sono dubbi che gli Stati Uniti sono al loro interno un paese democratico, mentre l'Iraq non lo è.
Ma il problema non è questo, quanto se si ritenga giustificata o meno la guerra che essi vogliono fare e anche se i nostri interessi di europei coincidano veramente con i loro o siano anche diversi.
Quanto all'Italia dovrebbe impegnarsi per assumere il ruolo che le spetta, un ruolo forte in Europa  e attivo, anche per la sua posizione di paese mediterraneo, nella soluzione dei problemi dell'area del vicino oriente e nei rapporti tra questa e l'Europa.
Purtroppo i nostri governanti, di qualsiasi colore politico, non sono mai stati all'altezza della situazione, non hanno mai avuto grandi progetti e hanno sempre ritenuto di dover fare atto di vassallaggio nei confronti della superpotenza di oltreoceano.



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Vorrei concludere con queste parole:

Si era detto che dopo la caduta del Muro di Berlino si sarebbe aperta una nuova stagione di pace e sviluppo...
Si era detto che il "Nuovo Ordine Mondiale" avrebbe cancellato le guerre dalla faccia della Terra...
Ma nella Guerra del Golfo hanno perso la vita più di 300 mila uomini...
Nella Ex-Jugoslavia, nel cuore dell'Europa, si è combattuto per 10 anni riportando l'orologio della storia al medioevo...
In Afghanistan, in Cecenia, in Ruanda, in India e Pakistan, a Timor Est le armi non hanno mai smesso di tacere...
Attualmente 36 nazioni sono direttamente coinvolte in conflitti armati e spesso combattono anche i bambini...
Tutto questo mentre le spese militari dei paesi industrializzati sono 30 volte superiori agli stanziamenti per gli aiuti umanitari...
E il 25% della popolazione mondiale vive con meno di 1 $ al giorno...
Con la spesa per gli armamenti dell'anno 1983
si sarebbero potuti sfamare 200 milioni di bambini...
E con i soldi necessari per dotarsi di un caccia a reazione si potrebbero costruire 40.000 farmacie...
Intanto le mine antiuomo fanno ancora 20.000 vittime all'anno in ognuno dei 90 paesi che subiscono questo flagello. Produrre una mina costa 8 $. Disattivarla 5000 $...
Si parla di "guerre chirurgiche" ma nei conflitti contemporanei le vittime sono per il 34% bambini; per il 59% civili; per il 7 % militari...
Quelli che vengono definiti "danni collaterali" di un conflitto sono esseri umani massacrati, mutilati, violentati, privati di tutto quello che possiedono.
La guerra è la soluzione?